di Salvatore D'Agostino
«L’equivoco è che la “cultura di massa” - veicolata dai mass media (cinema, tv, discografia, fumetti) - non per forza dev’essere consumata da grandi masse: rientra in quella definizione anche un disco rivolto a una minoranza di ascoltatori, o un particolare genere di cinema apprezzato in una nicchia underground. Oggi la stragrande maggioranza dei prodotti culturali non è di massa: viviamo in un mondo di infinite nicchie e sottogeneri. Il mainstream generalista e “nazionalpopolare” è meno importante di quanto fosse un tempo, e continuerà a ridimensionarsi». Wu Ming1Ho deciso di cambiare il titolo al reportage URBAN BLOG2 in MEDIA CIVICO.
Che cos'è un media civico?
La sua genesi la spiega Henry Jenkins in un recente post sul suo blog Aka-Fan.3
Riprendo l'ultima sintesi del termine Media Civico:
«Qualsiasi uso di qualsiasi tecnologia ai fini di aumentare l'impegno civico e la partecipazione pubblica, consentendo lo scambio d’informazioni significative, favorendo la connettività sociale, la costruzione di prospettive critiche, assicurando trasparenza e responsabilità o il rafforzamento della mediazione del cittadino».
L’inizio della ricerca su questo tema si deve grazie ad una borsa di studio di cinque milioni di dollari della Knight Foundation,* il quale nel 2007 affidò a un gruppo di studiosi4 un'indagine sull'uso 'civico dei media'.
Lo studio inizialmente si è sviluppato analizzando e criticando le tesi del libro-inchiesta di Robert D. Putnam ‘Bowling Alone’.5 In questo libro, il politologo statunitense, attraverso una vasta indagine costituita da cinquecentomila interviste, rileva il cambiamento di abitudine delle ultime generazioni di americani, secondo Putnam, questi ultimi hanno abbassato il loro i livello d’impegno civico poiché sono dei consumatori passivi di mass media mettendo in crisi le relazioni attive collettive, domestiche e politiche.
Il gruppo di studiosi britannici all’interno dell’osservatorio ‘Civic Media’ si è posto alcune domande, tra quali:
- Quale impatto ha il mondo on-line nella nostra vita comunitaria familiare, lavorativa e politica?
- Ci sono nuove tecnologie in grado di offrire la possibilità di migliorare e rivitalizzare il nostro impegno civico?
«Mezzi di comunicazione civica, si riferisce a ogni utilizzo di qualsiasi mezzo che favorisce o aumenta l'impegno civico. Intendendo questa definizione nel senso più ampia e inclusiva possibile. Civico comprende i media, ma si estende ben oltre il concetto di citizen journalism che è tanto di moda al momento».6Si è sviluppato un inteso dialogo, documentato sia sul blog di Henry Jenkins* sia sul sito 'Mit center for civic media'.*
Uno degli obiettivi del centro è di convincere la gente a pensare la democrazia in modo creativo, sviluppando nuove tecnologie che aiutino le interazioni sociali attive e non passive.
La sfida dei ricercatori è aiutare la gente a pensare la democrazia non come un evento speciale che si svolge ogni tot di anni, ma come una pratica quotidiana, una costante attività sociale. La gente - sostiene Jenkins - si deve chiedere quali sono le tecnologie che contribuiranno a creare questo nuovo senso civico e come utilizzarle per migliorare la propria vita reale collettiva.7
Domanda e sfida interessante che cercherò di continuare a indagare ricercando nei meandri dei latenti media civici italiani. Nel prossimo dialogo parlerò di Torino, dell’heresphere e di tante altre cose con Hassan Bogdan Pautàs di Torino Anni ’10. *
21 ottobre 2011
Intersezioni ---> Media civico
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Note: 1 Henry Jenkins, Cultura convergente, Apogeo, Milano, 2007, p. VIII
2 Il reportage è un'indagine su chi, come e perché usa il Web per migliorare concretamente il proprio intorno quotidiano.*
Ideato nell’aprile del 2010 e iniziato il 13 settembre del 2010 con un'intervista ai responsabili di WIKIO:
«Perché inserire gli URBAN BLOG?
Perché a mio avviso saranno i blog più interessanti del prossimo futuro, poiché realizzeranno quel passaggio tanto auspicato dalle chiacchiere virtuali alla realtà e quindi non saranno etichettabili con i temi dell'architettura. [...] Gli URBAN BLOG sono blog attivi nel territorio, che concretamente attraverso articoli-post, pongono l'attenzione o sensibilizzano su problemi specifici».*
3 Henry Jenkins, "What Is Civic Media" Revisited: A Conversation with Harvard's John Palfrey, Blog: Aka-Fan, 13 ottobre 2011*
4 ‘The Center for Future Civic Media (C4)’* è stato fondata nel Maggio del 2007 grazie la partecipazione dei ricercatori Henry Jenkins, Chris Csikszentmihályi e Mitch Resnick del ‘Media Lab and the Comparative Media Studies department at MIT’.*
Interagendo negli anni con altri ricercatori, John Palfrey, Beth Noveck, Ethan Zuckerman, Mario Armstrong, Ian Bogost, Greg Peverill-Conti, Eric Klopfer, Ellen Hume, Colleen Kamen.*
5 Robert D. Putnam, Bowling Alone,* Simon & Schuster, New York. 2000 (trad. in italiano: Robert D. Putnam, Capitale sociale e individualismo, Il mulino, Bologna, 2004).
6 Henry Jenkins, What is civic media?, The Center for Future Civic Media, 19 settembre 2007.*
7 Convegno del Mit Communications forum, What is civic media?, 20 settembre 2007.
E' il tema dei temi nell'era contemporanea, caro Salvatore. Se approfondirai questo "periscopio" (come lo definirebbe McLuhan) te ne sarò grato.
RispondiEliminaGià McL a suo tempo, diede una definizione dei media (caldi e freddi) che ancora resiste nel tempo, nonostante al tempo in cui lui scriveva non era immaginabile la globalizzazione di oggi.
Un medium come la rete, rientrerebbe senz'altro in quella che lui definiva la civiltà dell'orecchio, contrapposta a quella dell'occhio. La conseguenza sul piano sociale (che è già ben visibile) è quella di un ritorno alla società tribale, in antitesi a quella delle nazioni; società che tende ad organizzarsi attorno a gruppi omogenei per etnia, appartenenza e, aggiungerei io, interessi condivisi, nicchie dell'informazione. In una società simile, la partecipazione dovrebbe essere più alta, in virtù della maggiore coesione della tribù.
Non ho cognizione sull'argomento, solo l'esperienza che deriva dal lavoro prodotto con Amate l'Architettura.
In un certo senso mi sono sentito chiamato in causa.
Attraverso la rete stiamo cercando di scuotere gli architetti e le persone comuni interessate a riflettere sulle modalità di gestione del territorio, già così compromesso. La fatica è improba, soprattutto quando si tenta di passare da un "mi piace" a distanza ad una partecipazione fisica.
Mi piacerebbe sapere quali strumenti individuerà, questa ricerca, per sollecitare i soggetti "passivi" a diventare "attivi".
Un saluto.
Giulio Paolo Calcaprina,
RispondiEliminaHenry Jenknis con il suo gruppo di lavoro in realtà riflette su idee opposte a quelle di Marshall McLuhan.
Per capirci McLuhan (nel 1964 anticipando lo spirito ‘partecipativo’ di qualche anno) sosteneva: «È l’età dell’angoscia dovuta a un processo d’accentramento che impone partecipazione e impegno, indipendentemente da qualsiasi specifico “punto di vista”. Il carattere particolare di ogni singolo, anche nobilissimo, punto di vista ha perduto nell’era elettrica, ogni funzione.
Al livello dell’informazione lo steso sconvolgimento è avvenuto con la sostituzione dell’immagine onnicomprensiva al semplice punto di vista.
Se l’Ottocento è stato il secolo della poltrona del direttore di giornale, il nostro è il secolo del divanetto dello psichiatra. Come estensione dell’uomo, la poltrona è un’ablazione specialistica del posteriore, una specie di ablativo assoluto del sedere, mentre il divanetto, per così dire, estende l’essere nella sua totalità. Lo psichiatra lo adopera perché esso sopprime la tentazione di esprimere punti di vista personali e ovvia alla necessità di razionalizzare gli avvenimenti». (nel suo ‘Gli strumenti del comunicare’ in italiano, p. II).
Siamo proprio sicuri che abbiamo perduto il carattere del singolo ‘punto di vista’ e che saremmo tutti ‘passivamente omologati’?
Gli studiosi britannici non si preoccupano di fare la teoria del ‘mezzo’ ma studiamo chi, come e perché sta utilizzando internet per estendere la propria capacità cognitiva e le relazioni sociali.
Inoltre pensano, che i social network non siano progettati per gli ‘attivisti’ e si preoccupano d’inventarne uno nuovo.
Il ‘Media civico’ non ha niente a che vedere con il citizen journalism, non si tratta di scuotere o svegliare le coscienze (nel vostro caso gli architetti) ma: «La gente - sostiene Jenkins - si deve chiedere quali sono le tecnologie che contribuiranno a creare questo nuovo senso civico e come utilizzarle per migliorare la propria vita reale collettiva».
Il ‘media civico’ è da inventare non da trovare su internet.
Una ‘frase concetto’ e un aneddoto per ampliare l’argomento, tratte da un’intervista a Henry Jenkins fatta da Giuseppe Granieri:
Frase concetto: «La questione importante non è ciò che la tecnologia sta facendo a noi, ma ciò che stiamo facendo noi con la tecnologia».
Aneddoto: «Faccio un piccolo esempio: mia moglie, quando parcheggia l’automobile, scatta una foto per ricordare dove ha parcheggiato. Questo è un uso della fotografia che sarebbe stato inimmaginabile anche solo una decina di anni fa. La fotografia diventa parte del suo processo cognitivo, una protesi per la sua memoria a breve termine. Allo stesso modo, quando discutiamo, ci basta accedere al computer portatile per confermare o correggere rapidamente le informazioni di cui stiamo parlando. E così via. Ognuno di noi ha un rapporto diverso con questi dispositivi e con le informazioni, e naturalmente anche io sono convinto che sia un grande vantaggio poterle personalizzare e scegliere quale applicazione o contenuto avere sul nostro dispositivo, in modo da dare la priorità a ciò che meglio asseconda i nostri interessi. Ma vorrei che queste decisioni fossero prese da me e non da qualche azienda». Cit.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
ciao salvatore,
RispondiEliminamedia civico è un'immagine che stabilisce responsabilità. posso essere civica e non urbana. è una mia libertà ora apparentemente contraria a quella originaria delle città.
mi piace ed è concreto.
daresti è pieno di lettere, trascrizioni di fiati di persone che con le proprie parole fanno i luoghi.
e mi piace questo senso dell'architettura che incrocia le parole in calligrafia senza scrittura, qui calligrafia senza progetto.
l'immagine che ti allego è una foto fatta nella stanza scelta per un'installazione al monastero agostiniano di sternberk, rep. ceca.
immagine
nel graffito sulla parete a destra dell'entrata, la traduzione dallo slovacco delle ultime tre parole della penultima riga e dell'iscrizione grande è: nel mio paese dov'è la mia casa? ancora non sono riuscita a tradurre il resto.
nel mio paese dov'è la mia casa?
Tommasina,
RispondiEliminamolto interessante l’immagine soprattutto la frase: «nel mio paese dov'è la mia casa?»
Si ricollega al concetto di ‘heresphere’ (ne parleremo domani con Hassan) ma anche al concetto (in questo caso didattico) di Henry Jenkins ‘Ourspace’.
Leggi qui.
Come interessante è il tuo blogging.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
ciao Salvatore,
RispondiEliminaquesto è il link
diretto all'immagine, forse qualcosa è stato cambiato dagli altri amministratori della pagina.
Tommasina