9 dicembre 2009

0001 [PIL] È in Italia che sono diventato un vero muratore

Mahdy è un nome di fantasia scelto dall'interessato per tutelare la propria privacy e non solo, viene dall'Egitto e vive a Reggio Emilia.
Davide Dal Muto è un volontario, insegna italiano presso un'associazione, ha incontrato e intervistato Mahdy.
Salvatore D'agostino ha coordinato a distanza.

Wilfing Architettura: Ciao, come ti chiami? Quanti anni hai? Di che nazione sei?

Mahdy: Mi chiamo Mahdy, ho 29 anni e sono egiziano.

WA: Che cosa significa Mahdy?

M: El Mahdy, secondo l’Islam, è il nome che il profeta Issà (Gesù per i cristiani) assumerà quando tornerà sulla terra a giudicare i vivi e i morti. Poiché, sempre secondo l’Islam, Gesù non è morto, ma è salito nel paradiso di Allah (Dio) da vivo e quindi un giorno ritornerà.

WA: Da quanti anni sei in Italia?

M: Poco più di tre anni.

WA: Come sei venuto in Italia?

M: Sono partito dall’Egitto con una barca di 20 metri, con altri 30 connazionali. Dopo un lungo e pericoloso viaggio sono sbarcato in Italia, in Calabria, vicino a Crotone.
Ho trascorso due giorni al centro di accoglienza della Croce Rossa di Crotone che ringrazio per l’umanità dimostratami, poi sono fuggito scavalcando la recinzione. Ho preso un treno e sono arrivato a Reggio Emilia, dove avevo un amico su cui contare.

WA: Quindi sei stato clandestino?

M: Si.

WA: Qual è la tua religione?

M: Sono musulmano sunnita.

WA: E sei, ti ritieni, un buon credente?

M: Cerco il più possibile di rispettare i precetti cardine dell’Islam. Purtroppo, causa il lavoro, non sempre riesco a pregare cinque volte al giorno, o recarmi ogni Venerdì alla Moschea. Ma prego ogni volta che posso. Fino ad ora sono riuscito, pur con grandi sacrifici, a rispettare il mese di Ramadan. Sai, credo che verrà presto la fine del mondo, e quindi noi dobbiamo comportarci meglio che si può. Allah è misericordioso e capisce tutto, quindi perdonerà chi si è comportato bene e colpirà chi ha commesso errori deliberatamente.

WA: Dove vivi?

M: Abito a Reggio Emilia, nel quartiere multietnico di Santa Croce, alla prima periferia nord della città, appena oltre la ferrovia. Vivo in coabitazione con tre connazionali, con uno di loro divido una camera da letto. Per ora non posso aspirare ad altro, dato che non ho ancora tutti i documenti in regola per affittare un miniappartamento tutto per me. Ma è questione di pochi mesi, dato che non sono più clandestino; sono in attesa dei documenti definitivi. Attualmente pago 250 euro al mese per un letto, ma vorrei presto avere la mia indipendenza, anche pagando un po' di più. Purtroppo occorrono documenti definitivi.

WA: Sei mai stato in galera?

M: No, sono un brav’uomo. Non ho mai commesso nessun reato, né in Egitto, né in Italia. Ho fatto ciò che ho fatto perché ero costretto. Mia madre è vedova, con cinque figli, e con il nostro campo non riuscivamo più ad andare avanti. Così ho deciso di emigrare, per togliere una bocca da sfamare e per mandare qualche soldo ai miei familiari.

WA: Perché hai scelto l’Italia e Reggio Emilia?

M: Perché l’Italia non odia i clandestini. Come siamo arrivati, dopo un viaggio da bestie, siamo stati trattati da esseri umani. I volontari della Croce Rossa a Crotone sono stati eccezionali, persino gentili con noi, anche se non ci conoscevano. In Germania, o in Francia, o in Inghilterra sarebbe stato molto peggio. Qui in Italia il clandestino ha vita dura, deve rinunciare a tante cose, come una macchina o una casa in affitto regolare, ma almeno sopravvive! In altri paesi la vita per un clandestino è davvero impossibile senza i documenti.
Una volta scelta l’Italia, Reggio Emilia è stata una tappa obbligata, dato che un mio caro amico aveva lì trovato alloggio e lavoro. Doveva solo essere una tappa transitoria, pensavo di andare a Milano, ma poi ho trovato anch’io un buon lavoro e una camera, quindi mi sono fermato qui. Reggio Emilia, poi, è una città pulita e tranquilla, ordinata ma non oppressiva. Mi piace abitare qui, anche se vorrei un piccolo appartamento tutto mio.

WA: Dove lavori e cosa fai, adesso?

M: Faccio il muratore e il gruista in un cantiere di appartamenti in un paese a circa 20 chilometri dalla città. Mi sveglio alle cinque e vado con il pullmann. Torno a casa verso le otto di sera. Lavoro dal Lunedì al Venerdì e, talvolta, anche di Sabato.

WA: Come si dice "Muratore" in arabo-egiziano?

M: Mehmaa. بناء

WA: Sapevi fare il muratore in Egitto?

M: Sì, ma in maniera approssimativa. È in Italia che sono diventato un vero muratore.

WA: Com’è stato il tuo apprendistato in Italia?

M: Direttamente sul lavoro, come manovale. Un po' alla volta, facendo lavori sempre più difficili, ho imparato l'arte.

WA: Come si comportano i datori di lavoro?

M: Alcuni sono buoni, altri cattivi, come tutti gli uomini. Alcuni pagano puntuali, altri tardano un po', altri ancora - pochissimi, per fortuna - ti fregano e non pagano il lavoro che hai fatto.

WA: Si rispettano le norme antinfortunistiche in cantiere?

M: Le scarpe di sicurezza e i guanti isolanti non mi mancano mai. L'elmetto lo indosso di rado, ma questo per scelta personale, mi sento più libero e lavoro meglio senza. I mezzi meccanici, sostanzialmente, sono a norma e così anche i ponteggi. Ma il problema più grosso della sicurezza è proprio il ponteggio, quando lo monti e lo smonti, perché ci si dovrebbe legare, ma se ti leghi non riesci proprio a montarlo bene, e allora finisce che montiamo e smontiamo senza imbracature. Secondo me si dovrebbero trovare altri sistemi per il montaggio e lo smontaggio dei ponteggi, vorrei che il progresso arrivasse anche qui [1]. In quei giorni io metto il casco, ma se dovessi cadere, che Allah mi aiuti.

WA: Ti senti sicuro nel tuo lavoro?

M: Di solito sì. Ho imparato a vedere i pericoli e li evito, per quanto possibile.

WA:
31/01/05
Milano. Un operaio egiziano di 28 anni, Hamed Kedr, ha perso la vita ed altri due colleghi, uno egiziano, l’altro italiano sono rimasti feriti nel crollo di un muro di contenimento di un parcheggio sotterraneo in costruzione, in via Meda.
11/02/05
Cairo Montenotte – Savona. Un operaio egiziano di 27 anni, Ahmed Kassem, è morto dopo una caduta da cinque metri, mentre pitturava su un ponteggio le insegne dell’area di servizio di un distributore di benzina.
18/04/08
Ancora un morto sul lavoro. La vittima è un operaio egiziano di 37 anni. Ha perso la vita questa mattina in un cantiere a Legnano, in provincia di Milano. Secondo le prime informazioni, l'operaio è rimasto schiacciato fra il sollevatore sul quale stava lavorando e il soffitto. I colleghi hanno chiamato il 118 ma i medici non hanno potuto far altro che constatare il decesso (Non trovo il nome?)
10/10/08
E' di due morti e un ferito il bilancio di un incidente sul lavoro a Settimo Milanese, alle porte di Milano. L'operaio sopravvissuto all'incidente è in coma all'Humanitas di Rozzano. I tre sono di nazionalità egiziana e non avevano il permesso di soggiorno. Sarebbero caduti da un'altezza di 20 metri da un'impalcatura montata su uno stabile in costruzione.
A questi ultimi il 13 giugno 2008 il capo dello stato ha dato una menzione speciale alla memoria ai signori Ashour Maomhoud Mohamed Hassan e Salama Awad Omar Younes, lavoratori egiziani deceduti a seguito del crollo di un ponteggio presso un cantiere edile. Vighignolo frazione di Settimo Milanese (MI). [2]

M: Questi non li conoscevo. Ma un mio carissimo amico, Walid, è morto un anno fa proprio a Milano, cadendo da un tetto. Era il suo primo lavoro regolare (lavorava da un mese) e si era appena sposato. Il papiro di Tutankhamon che ti ho regalato l'anno scorso alla fine della scuola lo aveva portato lui a me perchè glielo avevo chiesto per regalartelo. [3]

WA: Quanto guadagni?

M: Senza documenti, in nero, 11 Euro all’ora. Quando avrò i documenti che ho richiesto – sono in attesa di regolarizzazione – potrò allora aprire una partita Iva, acquistare un furgoncino e quindi prendere anche 18 o 20 Euro all’ora con fattura. Perché sono bravo sul lavoro e per i muratori bravi il lavoro non manca mai, neppure adesso che c’è la crisi. Ho molti imprenditori che mi cercano, perché sanno che lavoro bene. Lavoro in nero solo perché sono costretto a farlo, a causa dei documenti che tardano ad arrivare. Adesso non sono più clandestino, ma ancora non posso lavorare in regola.

WA: Quindi lo stato (e l’Inps) ci rimettono, a lasciare i clandestini così come sono.

M: L’Italia dovrebbe svegliarsi e regolarizzare subito i migliori, altrimenti se ne vanno via e restano i peggiori, i delinquenti. Sai, se non fossi arrivato finalmente alla regolarizzazione, avrei pensato di tornarmene in Egitto: sono tre anni che non vedo mia madre e mi manca moltissimo. Ma ormai aspetto i documenti regolari, così penso di tornare a casa il prossimo Natale.

WA: Ma in particolare, che lavori fai in cantiere?

M: Sono capace di fare tutto o quasi: dalla gru alla ruspa, allo scavatore, al muro, alle pareti, all’intonaco, ai solai, al tetto, ai ferri di armatura. Non sono ancora capace di fare il carpentiere e il pavimentista, però per tutto il resto me la cavo egregiamente.

WA: Da quale città vieni?

M: Da Behera, un paese di diecimila abitanti nella regione del Cairo.

WA: Parlami del tuo paese e della tua vita laggiù.

M: Bene, ho una madre, un fratello e due sorelle. Non ho più mio padre. Il mio è un paese agricolo, uno di quelli che da millenni ha sempre vissuto con le due piene annuali del Nilo. Mia nonna mi raccontava che il fiume usciva dal suo letto e allagava tutto per una settimana, poi, quando tornava nell'alveo, il fango che lasciava sulla terra veniva lavorato e seminato. Poi hanno costruito la grande diga Nasser, ad Aswan, ad Aswan, e scavato i canali di bonifica. Adesso le piene non ci sono più, il lavoro nei campi è meno duro, la gente vive un po' meglio e non muore più di malaria. Mi sono diplomato trattorista e ho lavorato nel nostro e nei campi dei vicini, guidando tutti i mezzi agricoli. Per due anni ho fatto il militare, sul Mar Rosso, a quattrocento chilometri da casa.

WA: Eri felice?

M: Tutto sommato, sì.

WA: Perchè te ne sei andato?

M: Come ti ho detto, la morte di mio padre è stato un duro colpo per la famiglia. Il crollo dei prezzi delle derrate agricole, causa la globalizzazione, ha poi fatto il resto. In sei non riuscivamo più a sopravvivere vendendo i prodotti del campo. Io, il figlio maggiore, mi sono preso la responsabilità di tutta la famiglia e me ne sono andato. Prima ho cercato un lavoro al Cairo, ma non ce n'era proprio. Sai, l'Egitto adesso ha 87 milioni di abitanti, con una superficie coltivabile minore di quella italiana. Tutti gli Egiziani vivono nella strettissima zona fertile tra il fiume e il deserto. Nonostante proseguano i programmi statali per strappare altra terra coltivabile al deserto del Sahara, le conquiste sono di gran lunga inferiori a quanto servirebbe per assorbire l'incremento demografico. Il risultato è una fortissima emigrazione che solo in quest'ultimo anno è diminuita a causa della crisi economica mondiale.

WA: Mahdy, sei felice adesso?

M: Sì.

WA: Grazie.

9 dicembre 2009

Intersezioni --->PIL

Come usare WA ---------------------------------------------------Cos'è WA
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[1] nota di Davide Dal Muto: i ponteggi attuali sono ancora discendenti di quelli concepiti cent'anni fa, dei due tipi Innocenti o Trabattello.

[2] sitografia delle notizie: 31/01/05; 11/02/05; 18/04/08; 10/10/08; Menzione speciale alla memoria.

[3] nota di Davide Dal Muto: l'avevo attaccato nel mio ufficio e mi sono quasi messo a piangere, perché non conoscevo la sua storia.

16 commenti:

  1. complimenti per il post, mi sembra un importante e coraggioso percorso quello di ridare dignità all'architettura a partire dalle persone che vi lavorano.

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  2. Grazie Salvatore, un testo che mi ha fatto molto piacere leggere, pieno di spunti di riflessione e di temi da sviluppare (immigrazione, clandestinità, lavoro nero, infortuni sul lavoro, imparare l'arte...) , ma questi li lascio a voi. A me interessa il lato umano. Devi sapere che lavorando con l'architettura da otto anni, mi sono accorto che tra le molte persone che entrano a far parte del progetto dalla sua ideazione al sua costruzione e vendita, quelle che che più sento di stimare non sono architetti, ingegneri, committenti, burocrati, soprintendenti, geometri di cantiere, ecc., sono proprio i muratori, idraulici, carpentieri, insomma operai ed artigiani che effettivamente e concretamente REALIZZANO l'opera! Fra loro ho conosciuto persone straordinarie come intelligenza, equilibrio e umanità! Io sento di dovermi profondamente inchinare di fronte alla loro arte, al loro sapere e alla durezza e pericolosità del loro lavoro. Stimo molto anche questi bravi immigrati che son venuti a rivitalizzare le nostre città e paesi.
    A presto
    Michele

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  3. ... e bravo Salvatore!! mentre leggevo, pensavo esattamente le stesse cose che ti ha detto Rem.... complimenti!

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  4. ---> Rem, Michele eMarco+,
    Angelo Farracuti nel 2006 ha scritto un libro dal titolo ‘Le risorse umane’ dove fa parlare la gente che lavora. Nessuna introduzione, né epilogo ‘da semplificatori’ della vita umana.
    Riporto l’epigrafe: «La vita di un uomo non è un’impresa commerciale. Saul Bellow, Herzog».
    Se mi consentite. i vostri complimenti li giro tutti a Mahdy.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  5. Questo articolo è molto bello e non solo dà dignità a chi l'architettura la fa veramente, ma offre anche uno spaccato di un'Italia multietnica e tollerante che invece i giornali ci descrivono come faziosa e xenofoba.
    Inoltre avevo promesso a Salvatore di scrivere qualcosa in più sull'articolo sui blog, ma ho deciso di lasciare da parte il discorso ed invece parlare a margine di questo articolo, per sottolineare lo stato della professione oggi (visto che in questo articolo si parla appunto della professione).
    Lo faccio descrivendo proprio un fatto che mi è accaduto poco tempo fa: un amico architetto aveva un cliente che gli aveva commissionato una ristrutturazione e quindi mi aveva chiamato per le pratiche strutturali; ci siamo messi d'accordo sul pagamento e sui tempi col cliente ed avevamo cominciato a stendere il progetto. Dopo pochi giorni chiama il cliente, dicendo che l'aveva contattato un altro architetto (e a questo punto mi chiede come avesse potuto sapere della commissione) e che gli avrebbe fatto pagare meno; visto che l'altro architetto non piaceva poi tanto al cliente, abbiamo sistemato la cosa riducendo il nostro compenso fino ad eguagliare quello proposto dall'architetto. A questo punto però è venuto fuori che lo zio del cliente aveva un amico che faceva il geometra e quindi, saputo anche lui del fatto, ha fatto pure lui la proposta, con relativo rinegoziamento e nuova proposta del geometra. Morale della storia: il geometra "amico" farà lui il lavoro per attenzione attenzione 5 euro (fatturati) all'ora di lavoro!
    Quindi non solo oggi -grazie ai nostri cari ordini- non abbiamo la benchè minima qualificazione del lavoro professionale (un qualsiasi architetto triennale o quinquennale è uguale a un qualsiasi ingegnere triennale o quinquennale che è uguale a un qualsiasi geometra), ma grazie al caro Bersani, non abbiamo neanche più la certezza del "minimo" compenso per il nostro lavoro: si è arrivati veramente "ai coltelli" in cui ognuno si "svende" oltre il minimo plausibile e si "lotta" (anche senza metafore) per avere lavoro.
    Il mio commento arriva ora all'indomani del brutto attentato a Berlusconi perchè il clima generale che si respira non è solo politico, ma colpisce anche il lavoro.
    Rinnovo quindi la domanda che già ho fatto in post precedenti:come è possibile oggi lavorare a queste condizioni?
    Perchè a questa condizione di "brutto" lavoro si sommano le infiltrazioni mafiose denunciate più e più volte da Salvatore (oltre ovviamente agli inciuci politici).
    Quindi il mio cosiglio (alla luce di quanto ho letto poi sopra) è: se volete veramente lavorare nell'ediliza allora fate il muratore (si guadagna di più e non si hanno responsabilità civili e penali se qualcosa va storto nel progetto).
    A presto
    Matteo

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  6. Matteo e Michele,
    ora proverò a dare una risposta ad entrambi i vostri interventi, poichè per me sono facce della stessa medaglia.
    In merito agli stranieri, questi "brutti, sporchi e cattivi" che danno fastidio quando osano mangiarsi un kebab all'aperto (e allora via con le ordinanze anti panchine e antidistese) o che deturpano il paesaggio persino quando sono in fila alla questura o alla camera del lavoro, bene o male, sono quelli che costruiscono le case che abiteremo e che abiteranno i nostri italici discendenti, sono quelli che ci cambieranno il pannolone alla fine della nostra lunghissima vita terrena o che già cambiano il pannolino ai nostri piccoli figli. Noi, quindi, dovremmo solo essere grati a quel manovale che si arrampica senza legami su un ponteggio, concepito cent'anni fa, e lo fa per tre o quattro euro all'ora senza contributi e senza malattie (Mahdy a 11 euro è un eccezione, lui è quasi capo-cantiere!).
    E stiamo attenti, noi italioti, tutti presi col presente e mai un pensierino al futuro. Mia moglie, insegnante alle superiori, si è presto resa conto che i figli degli immigrati sono più motivati e più performanti nello studio; nonostante la difficoltà della lingua gli stranieri tendono ad avere voti più alti dei nostri. Nel giro di dieci anni avremo cioè una giovane generazione di ingegneri e architetti Ecuadoregni, Pakistani, Ucraini, Egiziani e persino Cinesi forse migliori dei nostri begli addormentati da grande fratello e playstation.
    Stiamo probabilmente per vivere una vera rivoluzione nel design e nel pensiero edile, una rivoluzione che viene dal basso (questi sono i figli dei muratori!) e noi cosa facciamo? Ci abbarbichiamo imperterriti ai nostri collegi e ordini professionali di ottocentesca formazione? E' come usare un regolo logaritmico contro l'ultima generazione di computer...
    Tutto questo per confermarti che non solo è nostro dovere morale, ma anche nostro interesse a lungo termine non avere un rapporto conflittuale con gli immigrati, ma anzi, dobbiamo cercare di averli amici.
    Quindi dobbiamo avere il coraggio di sbarazzarci rapidamente di tutti gli inutili mangiapane di ordini, collegi, sinecure, prebende, esami-di-stato, numerichiusi e timbretti vari. Chi è laureato dovrebbe poter esercitare direttamente, casomai previo un periodo di 4 o 5 anni di obbligatorietà di studio associato con uno o più colleghi anziani. Lo stesso per i diplomati geometri o periti, previo al massimo un leggero abbassamento delle competenze in materia progettuale.
    E sperare che ciò sia sufficiente alla maggior parte di noi per non essere spazzati del tutto via dai piani alti dell'arte edile, come già successo nei piani bassi.
    Saluti.
    Davide Dal Muto.

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  7. Ma infatti la mia critica non doveva essere letta come critica dall'alto verso il basso (beh..in effetti poteva essere letta anche così, ma non era proprio mia intenzione): condivido l'analisi sui figli degli immigrati e sono felice di questo. Finalmente avremo generazioni che hanno sogni e voglia di fare, non sfigati figli di papà (ovviamente non tutti sono così, ma sembra proprio che l'Italia oggi ne sia piena).
    E la mia battuta sul fatto di fare il muratore era ovviamente una provocazione...
    Quello che volevo dire è che ad esempio trovo intollerabile che il 90% degli ingegneri oltre i 50 anni (che solitamente sono quelli con gli stipendi più elevati) non hanno assolutamente idea di cosa significhi progettare agli stati limite o di cosa sia una costruzione in zona sismica: per riuscire a fare qualche progetto decente si affidano a noi giovani (beh...giovani...) che queste cose le abbiamo studiate e le conosciamo bene ma spesso e volentieri pagano stipendi da fame.
    Tutto questo per dire che probabilmente i giovani con idee e capacità già oggi ci sono e non sono pochi, ma non si va da nessuna parte se si continua col solito favoritismo...
    Certo, non è una questione solo di soldi, ma quali spazi potrà mai ritagliarsi un giovane senza potere contrattuale?!? O figuriamoci senza le conoscenze e gli inciuci di chi fa il "mestiere" da tanto tempo??
    Allora: sono d'accordo anch'io con soluzioni drastiche. O si riformano gli ordini in maniera seria (modello anglosassone direi come prima ipotesi) o si aboliscono.
    Ma qui voglio lanciare una provocazione: non viviamo in Svezia. Siamo la patria dei "maneggioni": una volta aboliti gli ordini credete veramente che ci sarà più libertà nella professione? Oppure si arriverà ad uno stato di anarchia in cui chiunque pretenderà di fare qualsiasi cosa?
    A presto

    Matteo

    P.S. comunque ho amici che farebbero la fila per 11 euro in nero: vorrei ricordare che capo cantiere è certo un bell'impiego, ma mettere la firma su progetti strutturali oppure su piani di sicurezza è una bella responsabilità, che a mio parere non dovrebbe in alcun modo essere svenduta.
    Poi in un mondo perfetto anche a me andrebbe bene che tutti prendessimo lo stesso stipendio (che tu sia panettiere, architetto o parlamentare)...

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  8. ---> Riflessioni.
    Questo colloquio rappresenta l’incipit di un’inchiesta che credo sia molto difficile arricchire (poiché è molto complicato interagire con i nuovi lavoratori italiani).
    Vorrei integrare le vostre riflessioni: ieri mi trovavo nell’ufficio tecnico di un piccolo comune dell’ennese.
    Nell’unica libreria della stanza ‘del geometra’ c’erano pochissimi libri tutti riguardanti le procedure per i vari condoni edilizi (molto smunti).
    Il geometra, confesso, mi ha revisionato il lavoro con molta dovizia ‘legislativa’ poiché forse ero uno dei rari tecnici che non si presentava con la raccomandazione di turno. Forse era anche felice poiché finalmente libero di esercitare la propria professione.
    Quasi alla fine del nostro colloquio arriva un ispettore del catasto con cui comincia a interloquire.
    Poiché erano compagni di scuola, il geometra con orgoglio parlava dei figli che per fortuna studiavano o lavoravano tutti all’estero.
    Nel frattempo arriva un ingegnere, capisco che devono discutere di una bega ‘edilizia’ da sistemare, ed io, per discrezione mi concedo.
    In macchina pensavo ad una risposta di Mahdy:«L’Italia dovrebbe svegliarsi e regolarizzare subito i migliori, altrimenti se ne vanno via e restano i peggiori, i delinquenti. Sai, se non fossi arrivato finalmente alla regolarizzazione, avrei pensato di tornarmene in Egitto: sono tre anni che non vedo mia madre e mi manca moltissimo. Ma ormai aspetto i documenti regolari, così penso di tornare a casa il prossimo Natale».
    Pensavo all’inchiesta Fuga di Cervelli, pensavo alle persone che rimangono nella mia terra, pensavo alle persone che continuano a fuggire e infine pensavo alla filosofia del geometra che non si preoccupa di non far distruggere la propria terra poiché i suoi figli per fortuna abiteranno altrove.
    È da qui occorre ripartire, da questa bipolare o ossimorica visione della vita.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  9. Anch'io -come ha scritto Saviano- sono uno di quelli che pensa(va) che l'unico modo per "combattere" veramente era quello di restare...non lo so: in questo momento penso di aver fatto una cazzata e che adesso anch'io potrei starmene in Svezia (dove mi avevano chiamato ai tempi della tesi) con tanti soldini in tasca e fare il figo parlando di diagrammi (non me ne vogliano i vari teorici della nuova architettura, ma non capisco come questo possa influire sulla situazione economico-sociale disastrata che osserviamo quotidianamente, soprattutto dopo aver visto ieri sera l'ultima parte di Annozero, in cui pazzoidi della Lega davano sfogo al più becero sentimento xenofobo che possa esistere).
    A presto
    Matteo

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  10. Matteo,
    non facciamo confusione.
    Ognuno deve fare i conti con la propria vita e il proprio contesto.
    C'è (e ci sarà) il genio (o semplicemente intelligente) che lavorerà in contesti creativi ed elitari.
    Richard Florida, con un eccesso di ottimismo, la chiama 'classe creativa' (peggio il nostro Franco Purini vuole costruire una città solo per questi eletti, vedi VEMA).
    Essendo noi, un po' più realisti, non possiamo non osservare che c'è una classe d'élite (in economia si chiama quaternario) che progetta, inventa e crea un'economia non popolare (ma spesso amata dal popolo, se vai nei mercatini c'è tantissima merce contraffatta e i ragazzi della borgata, rione o simili, amano vestirsi ed esibire questi abiti).
    Eviterei la contrapposizione ideologica, anzi, io darei spazio e soldi ad alcuni settori ad altissima specializzazione (medicina, fisica, chimica, elettronica) affinché le loro ricerche, ci possano aiutare.
    Anch'io dopo aver sentito le opinioni dei leghisti, ad Annozero, mi sono sentito fuori luogo. Su FB ho scritto: a questo punto ho seri problemi con l'identità italiana.
    Uno di loro rivendicava l'orgoglio 'primitivo' della città costruita dai padri e non dai 'forestieri' (eufemismo).
    Il problema vero è che da molti anni le nostre città non sono più costruite dagli italiani.
    Molti muratori, come si evince dall'intervista, versano sangue per il nostro progresso.
    Rileggerei l'incipit di questa inchiesta (vedi post ---> PIL) ogni economia 'evoluta' ha bisogno di mano d'opera, la fantasmagorìa 'araba' cela lo schiavismo. In Italia tutto questo è pavidamente sottovalutato, poiché molta nostra ricchezza è basata sul lavoro nero.
    La Cina 'della contraffazione' è stata inventata a 'Napoli', dopo abbiamo esportato il 'modello economico'.
    L'economia del Nord ha molte braccia non italiane.
    Matteo, cerchiamo di rimanere lucidi perché c'è bisogno di ripartire da zero, senza più lamentarsi. Sarà dura, ma sono convinto (forse ingenuamente) che in Italia serve la tua intelligenza.
    Saluti,
    Salvatore D'Agostino

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  11. Salvatore e Matteo,
    Brescia, per fortuna, non rappresenta tutto il norditalia! Domani dalle 14.30, mezza Reggio Emilia sfilerà in corteo insieme agli immigrati, contro l'ipocrisia del "pacchetto sicurezza", e ci sarò anch'io.
    Da volontario ho raccolto e trasportato aiuti umanitari in Croazia e in Bosnia Erzegovina, durante e dopo la guerra ex-jugoslava. Ho anche imparato la lingua Serbocroata. Nessuno di loro ha mai capito perchè da un giorno all'altro hanno incominciato a scannarsi e bruciarsi reciprocamente le case, ma so solo che l'inizio della loro rovina è stato un odio ingiustificato, alimentato ad arte dai media governativi, che ha fatto facilissima presa alla prima crisi economica. Ieri da Santoro ho sentito le stesse identiche frasi che giravano in Jugoslavia nel 1990, l'ultimo anno insieme, quando ci sono andato in vacanza.
    Guardate: Vukovar, Srebrenica, Gorazde presto si chiameranno Modena, La Spezia e Pesaro, SE NON SAREMO CAPACI DI FERMARE QUESTI IDOTI!
    Anche per questo domani io sarò in piazza, perchè la pace non ha prezzo, mai.
    E scusate se stavolta l'Architettura c'entra poco.
    Davide.

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  12. Rinuncio a capirvi! A Dubai, stanno lavorando fianco a fianco Ebrei e Musulmani!avete sentito di attentati o persecuzioni raziali?No!Perchè la buttate sempre sull'antroposociale, come se invece che architetti foste replicanti di quel giustizzialista pedante, ben pagato, di Travaglio...?Qui da noi le cose non vanno bene a causa di Berlusca e della mafia! Secondo me non facciamo gi architetti ma i maitres à penser!Vi sembra una novità convincente? La mafia fa ed ha fatto affari con tutti, escluso gli inesistenti (farebbe affari anche con la buona architettura che è inesistente). Insomma, niente architetti e la mafia non c'entra con la nientificazione degli architetti. La speculazione edilizia, imperante nel nostro territorio siculo\italiota degli ultimi 50 anni, poteva essere ingentilita e coonestata nei "salotti buoni" con una bella spruzzatina di architetti, tanti, belli ed ammanigliati, nelle furbe città siciliane? Ed in altre città d'Italia quale mafia ha sostenuto l'inconsistenza degli architetti italiani? Il gallaratese e il laurentino hanno a che fare con Reina?
    Mah!

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  13. Letture come queste sarebbero da far leggere nei libri di scuola. Il problema dell'integrazione non è di facile lettura: nelle parole di Mahdy si potrebbe leggere la stessa "disperazione" che conduce i giovani italiani all'estero. Sarebbe da chiedersi come quelle terre sono diventate così povere? Sarebbe retorico rispondere che la colpa è dell'Europa prima, e dell'Occidente poi, perché vi ha trovato un bacino di mercato e di manodopera indispensabile, ma è vero questo. Auguri delle migliori così a Mahdy...

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  14. Peja,
    Se si guarda alla storia con il metro indù (non lineare, ma circolare) indipendentemente dal contesto delle civiltà si coglieranno alcuni dati incontrovertibili:
    1) popoli interi o singoli individui sono sempre emigrati.
    2) dopo le iniziali distruzioni e/o momenti di caos, le civiltà di fusione (tra i nuovi popoli e quello preesistente) raggiungono sovente il loro periodo di massimo splendore.
    Persino noi europei siamo tutti discendenti di emigrati (le numerose ondate indoeuropee, dai greci fino agli slavi), con l'eccezione dei soli Baschi.
    Io stesso sono emigrato di ritorno di terza generazione: mio bisnonno se ne andò ancora bambino in Belgio, rientrando in Italia nel 1914, peraltro in una regione diversa da quella originaria.
    Così sono anche gli edifici, l'urbanistica e l'architettura itlaina che tutto il mondo ci invidia. I nostri periodi migliori
    di quell'arte li abbiamo vissuti subito dopo le invasioni dei primi indoeuropei (civiltà Romana), dopo la conquista greca (stile Bizantino), subito dopo i barbari (Romanico e Gotico) e durante le dominazioni straniere di Francesi, Spagnoli e Austriaci (Barocco e Rococò). Guarda caso, la prima architettura "totalmente italica per definizione" (lo stile Umberto) ha prodotto solo edifici solidi e ben costruiti, ma brutti (come l'altare della patria).
    E' DALLA CONTAMINAZIONE, DAL METICCIATO, CHE NASCONO LE CIVILTA' E LE OPERE MIGLIORI.
    Per questo motivo i leghisti ignoranti di Brescia mi fanno solo pena, neppure le loro bestie da latte (che tra l'altro vengono governate loro da braccianti Sikh dell'India) sono così ignoranti.
    E non sempre è la disperazione dello stomaco (leggi: fame) o della testa (leggi: dittatura) a muovere genti e individui verso l'ignoto. Sembra che il bisogno di emigrare sia insito nell'uomo, anche se ultimamente i popoli ricchi ne hanno trovato un ottimo surrogato con il turismo.
    Buon Natale a te, quindi, ai lettori di questo ottimo canale e a Mahdy, che sabato pomeriggio ha lavorato da solo in cantiere a -7°C.
    Davide Dal Muto.

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  15. Buone notizie!
    Mahdy è finalmente in regola. Ha ottenuto giusto ieri i suoi documenti.
    Ora si è trasferito, per lavoro, nel Modenese. Mi ha detto che tornerà a casa per le vacanze durante il prossimo Ramadan.
    Saluti a tutti.
    Davide.

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  16. Davide,
    bella notizia.
    Ho appena fotografato la mia finExTRA riportando questa notizia: Pier Giorgio Pinna, G8, per gli operai un arcipelago gulag, La nuova Sardegna, 27 febbraio 2010
    (link: http://www.facebook.com/album.php?aid=75054&id=1543884450&saved#!/photo.php?pid=30833078&id=1543884450)
    Nell’articolo si descrivono I lavori per il G8 della Maddalena come un: “coacervo quasi inestricabile di abusi, irregolarità, vessazioni”.
    Sembra essere una notizia che descriverebbe un’eccezione, ma sappiamo che semplicemente la norma o normalità del fare’ edilizia’ in Italia.
    Continuiamo a fare finta di niente con il nostro incedere bigotto e moralista della pessima specie.
    L’Italia non vede e non vuole fare i conti con alcuni suoi aspetti intrinseci: corruzione diffusa (con le sfumature geografiche in Sicilia si chiama pizzo in Lombardia tangente), lavoro nero, droga, prostituzione, ignoranza.
    Non voglio fare un unico calderone dei problemi ma quelli elencati hanno una caratteristica in comune vengono sottovalutati o trascurati dai nostri politici.
    La politica non osserva questi fenomeni preferisce parlare d’altro al limite costruisce uno scandalo per l’auto -indignazione.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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