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Visualizzazione post con etichetta Franco Arminio. Mostra tutti i post
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4 giugno 2011

Cairano 7x *Borgo giardino*

Cairano, BORGO GIARDINO, 24, 25 e 26 giugno

«Le Potager des visionnaires, j'ai voulu faire preuve d'une modeste audace,
sans en faire trop, ni trop peu». (Franco Dragone)

Franco Dragone (direttore di teatro belga), già nella prima edizione aveva suggerito la realizzazione di un ‘giardino progressivo’ tra case e piazze del borgo di Cairano una ‘costruzione verde’ in modo da stratificare visioni e armonie intorno alla natura. 
Attraverso il linguaggio della natura e la manualità dei gesti connessa, insito geneticamente negli abitanti delle terre rurali di mezzo, si può ricercare una nuova via per riabitare questi territori, nel segno del lavoro, dell’utilità e della bellezza. 
In quei giorni sarò in compagnia di Franco Arminio e degli ospiti della comunità provvisoria.

24 marzo 2011

...a proposito della statale 18, 27 visite europee a domicilio e archphoto 2.0...

di Salvatore D'Agostino

... statale 18,

 ...da leggere: Mauro Francesco Minervino, Statale 18, Fandango, 2010.

«Oggi un antropologo non ha bisogno di andare lontano, basta girare nei dintorni della propria casa per trovarsi di fronte a un paesaggio anomalo. Il territorio come caso clinico, questo è il tema. Minervino con sdegno accorato ci dice che i calabresi stanno rovinando la Calabria e non è colpa solo dei mafiosi, ma di una mentalità diffusa nella stragrande maggioranza dei cittadini». (Recensione di Franco Arminio qui)
 

14 febbraio 2011

0002 [URBAN BLOG] Comunità provvisoria | Davanti agli occhi

di Salvatore D'Agostino

Da qualche tempo ho difficoltà a comprendere il significato di termini come: social network, popolo della rete o di facebook, internauta e per finire blogger. Parole che ci proiettano oltre la realtà.
Il blog Comunità provvisoria sta tentando di oltrepassare questa distanza tra virtuale e reale.
La Comunità provvisoria è un luogo d'incontro tra le persone che abitano il 'cratere dell'Irpinia' (così chiamato dopo il terremoto del 23 novembre 1980) e tenta di superare "l'autismo corale" (Franco Arminio) di chi abita questi luoghi senza viverli.
In questa intervista collettiva, Salvatore, Giovanni, Franco, Elda, Renata, Alberto, Angelo, Enzo, Mario, Sergio, Valentina, Paolo, Stefano, Rocco, Michele e Lello ci raccontano la loro esperienza.

Qual è, se esiste, la differenza tra i dialoghi in rete e quelli reali?

| Salvatore | 
Il dialogo in rete esclude, per la sua natura, “il corpo vivo” dei dialoganti. Vale a dire la parte più importante della comunicazione, quella dei gesti, dei corpi, appunto, della reciproca percezione, che dà forza e movimento alle idee, ai sentimenti, ai concetti che si espongono.
In più, direi che la funzione del “virtuale” non va né mitizzata né demonizzata. Ma presa per quella che è: un mezzo, un sistema che “mette in connessione ” le persone. Di per sé, è neutro. E’ l’uso che se ne fa a caratterizzarlo. In positivo o in negativo.
Inoltre, in quanto tale – cioè in quanto mezzo che “connette” le persone- è un formidabile strumento di “potenziali accensioni”. Basta non esagerare, distorcendone il valore.

| Giovanni |
I dialoghi in rete servono per essere in contatto costante, per poter in tempo reale esprimere pareri e contrapposizioni o condivisioni, far intervenire nelle discussioni chi non frequenta normalmente la comunità. I colloqui reali invece sono momenti di conoscenza, di approfondimento anche caratteriale, momenti che servono a consolidare una unione, una idea, una decisione.

| Franco|
La rete dà la sensazione che possiamo essere avvistati, ma quelli che dovrebbero avvistarci stanno a loro volta aspettando di essere avvistati.

| Elda |
La differenza tra il dialogo “reale” e quello “virtuale” non c’è, di questi tempi mi pare che il primo si sia adeguato al secondo. Se è vero che la rete è una grande occasione di attraversamenti e di confronto su temi che ci interessano, è anche vero che abbiamo demandato ad essa ogni forma di dibattito e di comunicazione. Forse sarebbe bene fare un passo indietro, o, forse, dovremmo semplicemente trovare la forza di essere meno politically correct e più esposti, più “veri”.

| Renata |
La CP BLOG, è un posto vivacissimo e complicato da gestire, credo, ma proprio per questo uno degli esperimenti di incontro/scontro virtuale più interessanti che abbia mai trovato.

| Alberto |
Ogni tanto mi affaccio al blog, non potendo vedervi di persona, e rimango stupito dal fervore di attività che una provincia addormentata riesce a produrre. Sono tante piccole cose, alcune più grandi, ma finora il filo del discorso non si è interrotto. Se in ogni provincia d’Italia ci fosse una CP (e la cosa non è impossibile), vivremmo in un paese diverso. Temo che la facilità con cui si può intervenire, il liquido dei nostri pensieri che cola nei post, ingigantisca fatterelli personali che non rendono l’idea di quello che si sta facendo. Traduciamo le parole in opere e andiamo avanti.

Per Rebecca Solnit1
una città è tale fin quando i suoi abitanti, qualunque cosa facciano e qualunque sia il loro reddito, possono ancora incontrarsi “casualmente” per strada. La strada era ed è la chiave della democrazia.
Che cos’è la strada nei vostri paesi?


| Franco |
Io sono cresciuto e ho vissuto per trentaquattro anni in via Mancini e conto di tornarci quanto prima in quella strada.
Prima del paese
Una volta c’era la strada, a ciascuno la sua.
Oggi nei paesi ci sono più strade, ma è come se non ci fosse nessuna strada.

| Angelo |
Abito su una interpoderale, una stretta stradina di campagna, quando esco passeggio nel vento e non incontro nessuno.

| Enzo |
Fu il luogo dove:
imparai a giocare
a ‘costruire’ gli amici e le amicizie
ad inseguire i primi amori.

Divenne il luogo dove:
lasciai le speranze,
per il quale mi allontanai
lungo il quale ritornai.

E’ il luogo dove
si compie ogni destino,
dove senti la voce del mondo,
dove diventi un altro.

| Mario |
Rispondere alla domanda: “che cosa è la strada nei vostri paesi”, dopo aver letto il bellissimo libro della Solnit che una singola frase non restituisce nel suo grande valore, significa riprendere in poche righe circa due anni di incontri e dibattiti su questo Blog. Lo spirito del libro della Solnit è paesologico nella misura in cui descrive con chiara evidenza l’”erosione dello spazio pubblico”, di cui le strade sono la parte preponderante. La mancanza di programmazione dello spazio della Città a vantaggio dei reali bisogni, la sostituzione della funzione svolta dalle piazze del mercato o del popolo con Centri Commerciali periferici, sono tra i tanti fattori emersi nei nostri incontri che hanno contribuito a svuotare di funzioni e significato gli spazi d’uso collettivo dei borghi storici e gli agglomerati edilizi dei paesi dell’Irpinia. Le strade di un certo numero Paesi e di molte Città in Italia, non solo in Irpinia, sono il triste risultato di una erosione di funzioni a dimensione umana a vantaggio di esigenze meccaniche, tecnologiche ed estetiche. L’ambiente pubblico di relazione per eccellenza – il vuoto urbano - è ridotto, in qualche caso, a puro esercizio architettonico autocelebrativo, che non risponde più ai bisogni del frequentatore ma all’estetica di chi lo ha ideato.

| Sergio | 
Quando scendo nella mia strada, a parte il barista e il portiere del palazzo di fronte, mi passano davanti agli occhi centinaia di facce che non conosco. Di ghiaccio. A bisaccia nella mia strada ci sono 4 persone in totale. mi piacerebbe fare tutto nella mia strada, togliere la macchina e ghettizzarmi nel mio vicinato. Il mio sogno sarebbe diventare un bullo di quartiere, se potessi ricominciare tutto da capo.

| Valentina |
…cos’è la strada? La strada è l’elemento più invadente che ci sia… in senso positivo ed in senso negativo. È quell’elemento che stretto, tortuoso, a volte ripido, fatto spesso di pietre sconnesse, si incunea in ciò che c’è di più intimo, le case, le dimore, i palazzi… e ti permette di conoscere quel paese, quella città… perché ne ha costruito la storia, è la base di un centro abitato, sia esso piccolo paese o grande città. La strada è la cultura di una civiltà, c’è tutto in una strada: il percorso, il disegno fanno fisicamente la città, il cammino in essa ti permette di guardare le case, di guardare nelle case, nei bassi napoletani come nelle cantinole calitrane… è invadente… così come lo è quando sfascia un territorio incontaminato per legare città a città… ma la strada siamo noi… la strada è la nostra storia…

| Enzo |
…La strada nei nostri piccoli comuni è: “il red carpet per troppi cretini”.

Giorno dopo giorno stiamo imparando a gestire tutte le nostre relazioni ‘fuori luogo’ ovvero attraverso: telefono, voip, social network, commenti nei blog, sms, cellulare, giochi di ruolo on-line (MMORPG).
La comunità provvisoria da tre anni sta imparando a riflettere e agire ‘all’interno di un luogo’ dai confini ben delineati.
Il suo latente obiettivo è: essere luogo.
Mi raccontate un’azione concreta e il suo risvolto sociale locale, che si è estesa oltre la comunità provvisoria?


| Franco |
Il mio racconto è quello di uno che sta qui da 50 anni. questa è una terra ispida, avara coi suoi figli. Una terra incapace di esprimere ammirazione, ma solo riverenza verso i suoi politicanti. Qui è mitica soltanto la politica.

| Paolo |
La CP è un grande apprendistato di pazienza e di generosità verso i luoghi e verso le persone.
Perché avviene questo? Perché ci sono persone straordinarie che incentivano forti sentimenti emulativi.
Diviene incoraggiante allora inquadrare le cose che fai tutti i giorni in un processo di costruzione di senso collettivo (civicness) del quale ti senti compartecipe, sicuramente protagonista.
Il processo è superadditivo nei suoi effetti: ma ci vuole tempo per costruirlo.
E scenari dentro i quali esso possa produrre meglio dei risultati. A tal riguardo nello scorso seminario di paesologia – che abbiamo tenuto a Grottaminarda lo scorso gennaio – ho fatto riferimento al concetto di governance, contrapposto – o meglio parallelo – a quello istituzionale di government, deputato per definizione al processo politico propriamente detto.
L’idea di Angelo di Parco secondo me si situa proprio qui, un esperimento di progettazione concordata di soggetti istituzionali e ‘comunità’ per attuare un’idea ‘paesologica’.
Filiere corte?
Risparmio energetico?
Azzeramento del consumo di suolo?
Abbattimento del digital divide?
Auto-gestione di un ramo secco ferroviario da parte di un distretto turistico?
Boh, siamo qui per parlare e per avere ambizioni.
Poi può finire tutto domani, perché il cervello è uno sfoglio di cipolla o – come temo per il mio – è solo inadeguato al cimento. In tal caso mi sarò soltanto divertito, gradevolissimo obiettivo minore…

| Angelo |
Un’azione che ha avuto una ricaduta positiva sul territorio è sicuramente Cairano 7x, almeno nella prima edizione.
A Cairano c'è stato l'obiettivo di coinvolgere gli abitanti e di innestare nel costruito due segni affidati a due distinti gruppi di lavoro.
Segni concreti. Gruppi concreti.
Un gruppo si è occupato del recupero di un ambito urbano mediante opere di giardinaggio e florovivaismo con materiali ecologici e riciclabili; un altro gruppo ha realizzato una piccola costruzione con mattoni pieni; un osservatorio sul paesaggio ma anche un totem.
Ad ogni azione hanno lavorato in media circa 10 persone al giorno; queste persone hanno abitato e lavorato per una settimana sul posto, dormendo nelle case messe a disposizione dagli abitanti e pranzando presso una cucina collettiva in cui lavoravano concretamente donne e uomini di Cairano, soprattutto giovani, e chef irpini.
Di questo c'è tuttora traccia fisica in loco (giardino e cupola), memoria viva negli abitanti, ampia documentazione sul sito.

| Mario |
Un atto di generosità collettiva = No alla discarica sul Formicoso, Difesa dei presidi Ospedalieri in alta Irpinia, Cairano7x;
Un episodio ancora visibile sul territorio = Il Formicoso salvo (per il momento) dai rifiuti, Cairano7x;
Un semplice gesto pubblico concreto = Convegno sulla Paesologia, Convegni di Cairano7x.



| Salvatore |
Altre azioni concrete entro CAIRANO 7x: la costruzione di una biblioteca nel paese più piccolo della nostra regione.
Donazione di libri, nomina di un bibliotecario “provvisorio”.
Feed back = promessa del Sindaco di Cairano di metterci a disposizione un appartamento, che noi riatteremo e rimetteremo a disposizione dei Cairanesi e di tutti, per biblioteca, convegni, alloggio ospiti.
Questo è – in sedicesimi- un piccolo, piccolo esempio di un METODO GENERALE, che Paolo chiama, a giusta ragione, NUOVA GOVERNANCE contrapposta a GOVERNMENT, che Franco ARMINIO, in quanto poeta, – e a eguale giusta ragione – chiama DI ACCAREZZARE I PAESI CON SGUARDO CLEMENTE E FRATERNO, con quel che ne consegue; che Angelo VERDEROSA cerca di tradurre in PRASSI progettuale attraverso gli INCONTRI DI ARCHITETTURA tenuti in ERRANZA tra i paesi del territorio; che Ago DELLA GATTA questa estate, tra le altre sue attività, HA TRADOTTO nelle bellissime serate culturali tra Compsa, Cairano e Conza; che Enzo MADDALONI traduce realizzando i suoi seminari di clowmeria donati ai Cairanesi, ai ragazzi di Aquilonia e da essi condivi.
Che i gruppi di IN LOCO MOTIVI , AMICI DELLA TERRA declinano, con le iniziative de IL TRENO DEL PAESAGGIO, condivise da un numero sempre crescente di persone; che Michele Ciasullo cerca di declinare con L’UNIVERSIT
À POPOLARE DELL’IRPINIA.
Potrei citare ulteriori esempi che portano tutti a un COMUNE, CONFUSO, talvolta CONFLITTUALE e ancora NEBULOSO tentativo di COSTRUZIONE di una DIVERSA MODALITÀ di vivere i nostri luoghi, da vivi non da “morti in vita” come tra l’altro splendidamente espresso da ELDA MARTINO nel post “SENTIMENTI PAESOLOGICI”. Ma credo che bastino a rendere l’idea di questo agire, rispetto a quanto ci chiedi.
Ed è per questo che ci sforziamo un po’ tutti, nel fuoco delle contraddizioni, dei fraintendimenti, – e anche delle maldicenze e dei “sentimenti freddi” - di definire questo nostro essere COMUNITÀ PROVVISORIA e di aggiustare le modalità del nostro “starvi dentro” , proprio al fine di avere un rapporto DA VIVI, VERO,con la realtà dei luoghi, che vadano in direzione ostinata e contraria rispetto all’atomizzazione, al cinismo, al loro sfruttamento selvaggio e/o al loro abbandono, contro la logica che vi presiede e che ELDA MARTINO declina in termini ALTI, MORALMENTE VIBRANTI, CON PIETÀ PER LE CREATURE e con indignazione verso la violenza - nei luoghi e sui luoghi - da parte dell’uomo atomizzato. Per questo rimando te e tutti a ri/leggere il suo post.

| Elda |
Museo dell’aria, ricognizione della collina del calvario a Cairano, ritrovare dei materiali archeologici di varie epoche, incontrarsi, operare un turismo della clemenza, fare compagnia ai paesi, portare altre persone in giro nei luoghi d’irpinia meno conosciuti, andare ad ascoltare il vento, stare insieme sotto un albero a ridere e a parlare, realizzazione di un museo provvisorio dell’archeologia, realizzazione di un documentario su cairano archeologica, laboratori di ricognizione, sistemazione del’area delle grotte, zappare, ripulire, innaffiare, aprire cantine, parlare con gli abitanti, installazioni artistiche permanenti e non, spettacoli teatrali in aree in disuso, servire ai tavoli, dormire cinque ore per notte, sistemare gli ospiti, scrivere post sul blog, difendere il formicoso, litigare, fare pace, discutere del senso della vita ( e della morte), una notte sul tetto dell’ospedale di bisaccia, una giornata a scampitella con nuovi amici della cp, seminario di paesologia a grottaminarda,stesura di carta archeologica per il parco, scaricare balle di fieno, trovare abitanti disposti ad aiutare, ballare la pizzica con paola…
devo continuare?

«La vita vista da dietro, dalla morte, si riduce a poche cose: una luce sul comodino, un barattolo di caffè, un maglione verde, le prime rose, una torta di compleanno, un solitario, le rondini che fanno avanti e indietro, una donna sconosciuta.
In 125 racconti, ironici e fulminanti, Franco Arminio ci dà il resoconto dei tanti modi di morire inviandoci cartoline da un posto sconosciuto, spedendoci di volta in volta un soffio impercettibile, una leggera pena, una vertigine, una sorpresa».

Parafrasando il recente libro di Franco Arminio, vi chiedo una cartolina dai vivi.


| Angelo |
Sant’angelo dei Lombardi / ieri mattina, mia figlia non ha preso lo zaino ma ha messo una tuta da lavoro e preso un barattolo di pittura. La scuola non ha soldi e i ragazzi hanno deciso di imbiancare a loro spese. ieri sera, la stessa classe era su facebook a commentare le foto fatte durante la mattinata.
Per un’aula avrei preferito il bianco. Dalle foto ho visto due pareti arancio, una bianca e una viola.

| Franco |
La cartolina di oggi è dalla commozione che mi prende quando vedo le immagini dei nostri paesi prima del terremoto. Non erano belli, c’era molta approssimazione urbanistica e le case nuove stridevano non poco con quelle vecchie, ma nell’insieme avevano, visti adesso, un senso di innocenza. E sembra che il terremoto e la ricostruzione siano stati uno stupro. Ecco, viviamo in luoghi stuprati, viviamo dentro un trauma.

| Salvatore |
“non c’è niente
perché tutto va in là;
la croce scivola
come fanciullino nella piena “*

la forza di questa terribile immagine haiku
mi dice che c’è ancora speranza, che la poesia “è” speranza; ne traggo forza …e son vivo.
E’ questa, oggi, la mia cartolina dai vivi.

*Paola Lovisolo - Da “Martello a calare” in Bollettino ’900 n.1-2 , 2007

| Fabio |
Il paese è un cane. Disteso a terra guarda verso nord, fa la guardia all’altopiano. Io vivo sulla schiena dove c’è una strada lunga e stretta: la costa. In realtà le strade sono due: via san rocco che sale verso la nuca e via Gramsci che finisce dove il paese attorciglia la coda.
D’inverno,quando la bora taglia la faccia, la costa resta sotto vento. Il paese sa tenere i reni al caldo. Sono i venti da sud che lacerano il sipario e impediscono la messinscena quotidiana.

| Enzo |
All’ora del caffè, oggi ho compreso: a casa mia non abita nessuno!

| Giovanni |
Il sole pallido cerca di contrastare il veneto gelido di tramontana, uomini stanchi cercano i suoi raggi come una pulce cerca un cane.

| Stefano |
Nei paesi non servono le telecamere di sorveglianza: ci sono gli sguardi curiosi, dietro i vetri, delle vecchiette, del vicino, del commerciante. Ma troppe case hanno i battenti sbarrati.

| Rocco |
Solo se circondato da amore, il malato riesce a superare anche l’imbarazzo del pudore che è consapevolezza di una certa disarmonìa tra il significato e le esigenze affettive della persona spirituale ed i suoi bisogni corporali che lo rendono vulnerabile.

| Enzo |
E’ passato di qui Tonino “Maradona”, che col suo nome è amante di un amore eterno. Il destino gli ha donato un male strano, un insulto muscolare, direi uno spasmo: sorride guardando in faccia gli uomini e vira al triste volgendosi alla terra.
Mi ha sorriso, lui che è ignara metafora del mondo!
Rispettando il suo amore e un suo sospiro, guardando in terra, gli ho risposto ancor: buon anno!.

Certo un dubbio … certo.
” Mast Ciapè: Buon Natale! ” …. ” Mbèeh! ”

Dedicato.
A mio padre, che quel giorno: vide, capì, tacque e sorrise!

| Michele |

“Chi paga rompe, e i cocci sono nostri”
(Lello Voce)


14 febbraio 2011 (ultima modifica 11 novembre)
Intersezioni ---> Urban blog

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Note:
1 Rebecca Solnit, Storia del camminare, Bruno Mondatori, Milano, 2002, p. XI

23 novembre 2010

0002 [POINTS DE VUE] Franco Arminio | 23 novembre 1980 ore 19:34


Alle 19:34 di domenica 23 novembre 1980 una forte scossa della durata di circa 90 secondi colpì un'area che si estendeva dall'Irpinia al Vulture. 

1980.
Il senatore diventa sindaco. Qualche mese dopo la terra trema mentre era in corso un’assemblea sulla disoccupazione giovanile. Io non c’ero. Avevo giocato a tennis la mattina, a torso nudo. Nel pomeriggio ero andato nel bosco con una ragazza. Quando da casa mia sono andato verso la piazza ho sentito che tutto sarebbe cambiato e che stando qui avrei avuto sempre qualcosa da fare. 

1981.
Il senatore del paese si compra il loden verde che porterà per tutto il tempo che sarà sindaco. Di macchine, invece, ne cambierà tante. Una ogni sei mesi. Comincia a funzionare l’ospedale che è stato aperto subito dopo il terremoto che tra l’altro ha causato il crollo di quello di Sant’Angelo dei Lombardi. C’è un medico che fa un sacco di operazioni allo stomaco perché gli riescono benissimo. 

1982.
Comincia la ricostruzione nelle campagne. Dove c’era un rudere, uno scariazzo per i porci, viene velocemente edificata una casa in cemento armato. Comincia il valzer delle betoniere. 

1983.
Il pescivendolo di Molfetta adesso viene due volte la settimana. Prima vendeva solo alici, ora porta spigole e orate. 

1984.
Gli impiegati comunali passano da sessanta a settantacinque. La popolazione scende al di sotto dei cinquemila abitanti. Aumenta il consumo di droga. 

1985.
Il paese si riempie di ditte che vengono dal nord per la ricostruzione. Architetti, geometri e ingegneri salgono ogni mattina le scale del Comune. Apre un negozio di ottica, e pure un ristorante e una pizzeria. 

1986.
La parola più usata in paese è “contributo”. Sono i soldi che lo Stato dà per farsi la casa tutta nuova o per aggiustare la vecchia. Il problema non è avere il contributo, questo è assicurato per tutti, ma riuscire ad averne due o tre. Il senatore adesso sta a Roma, ma conosce i problemi di tutti e cerca di non scontentare nessuno. 

1987.
Il paese nuovo comincia a prendere la sua forma dadaista. Tutto merito di un architetto estroso e tirchio. Il paese sembra disegnato con le unghie più che con la matita. 

1988.
Il numero delle case supera quello degli abitanti. Il senatore diventa ministro. Il capo dell’opposizione quando gli danno la notizia non ci crede. 

1989.
Durante i suoi comizi il senatore dice poche cose, in un italiano sgrammaticato. La frase che non manca mai è io garentisco. 

1990.
Cominciano i lavori di costruzione della nuova chiesa. Un piano della scuola elementare viene requisito per fare spazio agli uffici tecnici del Comune. 

1991.
In paese si parla solo di contributi. Se ne parla ai funerali, agli sposalizi. Apre un negozio di abbigliamento per bambini e un altro negozio di ottica. 

1992.
Il principale commerciante di materiali edili è diventato ricchissimo. Importiamo mattoni, esportiamo persone. 

1993.
Si inizia a sentir parlare dello scandalo della ricostruzione. Gli oppositori locali del senatore sono come ringalluzziti. Il Comune viene occupato per chiedere conto di come sono stati spesi i soldi dei contributi. 

1994.
Siccome non si possono togliere i soldi a chi li ha presi senza averne diritto, siccome di soldi ne sono stati spesi tanti, lo Stato decide di bloccare gli stanziamenti. La decisione non tiene conto del fatto che nemmeno metà della ricostruzione è stata realizzata. 

1995.
Le grandi ditte del nord cominciano a ritirarsi. Inizia una stagione di contenziosi tra ditte e cittadini. Il senatore abbandona e fa spazio a un suo uomo di fiducia. 

1996.
Il paese nuovo ormai esibisce tutto il suo catalogo di blob dell’urbanistica. Il paese vecchio è un cantiere abbandonato. Sulle alture spuntano le prime pale eoliche. 

1997.
Il pescivendolo Tonino comincia a lamentare un calo delle vendite. I ragazzi che non hanno studiato da architetto, geometra o ingegnere devono riprendere la via dell’emigrazione. 

1998.
La gente si lamenta delle case nuove, sono fredde e scomode. La popolazione continua a diminuire. Solo nel mese di marzo muoiono venticinque persone. 

1999.
Si scongiura il pericolo che venga installata una megadiscarica vicino al paese. L’evento positivo è come una goccia nel mare delle lamentele e delle recriminazioni in cui è annegato il paese. L’ospedale funziona malissimo come sempre eppure bisogna fare molte battaglie per evitarne la chiusura. 

2000.
Arriva il nuovo secolo e un nuovo sindaco e non cambia niente. Il pesce più venduto sono di nuovo le alici, le spigole e le orate sono sparite. 

2001.
Il nuovo sindaco non ha mai svolto un lavoro vero. Si sveglia tardi la mattina e racconta barzellette a chi sta in piazza. 

2002.
I muratori non sanno che fare, muore l’ultimo contadino che sapeva fare i caciocavalli. Muoiono anche un fabbro e un falegname. Chiudono due fabbrichette all’area industriale del Calaggio fatte coi soldi del terremoto. 

2003.
Ancora installazioni di pale eoliche. Alcuni si lamentano per il rumore, alcuni per l’ombra che entra nelle case. Nessuno sa niente dei guadagni delle ditte. I cittadini continuano regolarmente a pagare le bollette della corrente elettrica.  

2004.
Il nuovo sindaco si sveglia sempre più tardi e continua a raccontare barzellette. L’opposizione langue. I cittadini stanno sempre più spesso chiusi nelle loro case esposte e sparpagliate ai quattro venti.

2005.
Chiude uno degli ultimi negozi di alimentari del paese vecchio. Al paese nuovo apre un negozio di casalinghi. Il prezzo del grano continua a calare. Molte ditte che hanno fatto le case reclamano ancora soldi dai cittadini. 

2006.
Finiscono le uscite di un giornale locale che veniva distribuito in tutto il mondo. Nel paese non ci sono più circoli culturali, le sezioni dei partiti sono chiuse. Chiude anche il bar degli scapoli. Muoiono quattro persone di cirrosi epatica. 

2007.
La farmacia posta tra il paese vecchio e quello nuovo esibisce la bandiera italiana e quella europea, come se fosse il vero municipio del paese. Il farmacista diventa presidente della squadra di calcio. I tecnici che si sono arricchiti costruendo le case adesso fanno opere inutili coi soldi europei. 

2008.
Molte case ricostruite dopo il terremoto non sono abitate da nessuno. Il paese è pieno di cantieri abbandonati. Sono le case cominciate e mai finite perché per molti sono seconde case e non hanno diritto a tutto il contributo. Lo Stato militarizza l’area del Formicoso per metterci la grande discarica di cui si parla da anni. A nulla servono le proteste dei cittadini. Il Formicoso viene inserito in un elenco di dieci siti da riempire di immondizia. 

2009.
Viene eletto il nuovo sindaco, un medico di bell’aspetto e dall’eloquio elegante e inconsistente, perfetto per i tempi che corrono. 

2010.
La Regione annuncia di voler chiudere l’ospedale. Molte proteste. Il paese si rianima intorno al suo ospedale morto, ma poi a un certo punto la protesta si spegne. Intanto un decreto legge depenna il Formicoso dall’elenco dei luoghi dove fare le discariche. È una bella notizia, ma in paese nessuno ci fa caso.

Per Wilfing Architettura una versione Web inedita del documentario 'GIOBBE A TEORA' di Franco Arminio 


23 novembre 2010 (Ultima modifica 2 dicembre 2010)
Intersezioni ---> POINTS DE VUE

25 agosto 2010

0439 (finExTRA) 25 agosto 2010---- > MI PIACE [17] Museo dell'aria

di Salvatore D'Agostino


«La prima realizzazione di Cairano 7x è il museo dell’aria. Ha sede sulla rupe, sulla nuca del meteorite che spunta nella valle dell’Ofanto, tra il Formicoso e la sella di Conza. Il museo non ha arredi, non ha custodi. Per istituirlo ci siamo avvalsi unicamente della nostra immaginazione. Ci sono tanti musei in giro, spesso sono inutili. Non esisteva un museo dell’aria, un luogo cioè dove le persone possono andare non per vedere qualcosa ma semplicemente per sentire che la nostra vita si svolge nell’aria e che non c’è niente al mondo che sia più importante dell’aria. L’aria è come il mare, non è mai ferma. L’aria non è mai nostra, viene sempre da qualche parte. Certe volte quando d’estate soffia il vento da nord est io sento in un quel filo di freddo il respiro di una coppia che si è baciata poche ore prima a Sarajevo, vedo gli occhi di un’anziana donna affacciata alla finestra a Fiume. L’aria è un dono che contiene tanti altri doni. Dovremmo ricordarcelo ad ogni respiro, ogni volta che ci entra nei polmoni il giro del sangue è più lieto, i pensieri si fanno appena più chiari. Il mondo vive perché è circondato da un filo d’aria, ma noi ce lo scordiamo, perché l’aria non l’abbiamo fatta noi, non è una macchina, un telefono, un cuscino. Il museo dell’aria a Cairano non dispone neppure di un cartello segnaletico o di guide. È un museo virtuale, nasce nella testa di chi sale alla rupe, non ha orari di apertura e di chiusura. Non appartiene allo Stato e neppure ai privati. Appartiene a chi sa stare all’aperto, a chi sa di essere una piccola parte di questo vorticare perenne a cui stanno appese le piccole scene della nostra vita e di quella degli altri. L’aria è una bestia colossale e generosa, dà la vita a noi e alle formiche, ai cani e alle piante. Il museo di Cairano è la nostra forma di devozione a questa bestia invisibile e senza forma. Forse quello che chiamiamo Dio è semplicemente l’aria ed è un Dio a cui ci piace credere, è un Dio che ha tanti fedeli inconsapevoli e tante chiese, una per ogni polmone, per ogni acquasantiera del respiro.

p.s

il testo è mio, l’idea è di elda martino.

andate a visitarlo. è il primo museo realizzato dalla comunità provvisoria.

franco arminio»

Franco Arminio, MUSEO DELL’ARIA, Blog Comunità provvisoria, 3 agosto 2010. Link

 
25 agosto 2010

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Come usare WA -------------------------------------------------------------------Cos'è WA

19 febbraio 2010

0002 [WILFING] L’identità dell’architettura italiana e i Pietro Caisotti. Due domande a Stefano Boeri e un dialogo con LPP

di Salvatore D'Agostino
«Il paese non è più povero ma è abitato da gente rancorosa, maldicente, abituata a fallire la propria vita e a far fallire la vita degli altri»[1]. (Franco Armino)



Gentile Stefano Boeri
condivido, l’articolo di Luca Guido ha un tono risentito[2], ma sono rimasto colpito, in negativo, dal suo rivendicare una giusta bocciatura allo IUAV[3]. Una caduta di stile che non mi sarei mai aspettato.

Io credo che sia inutile parlare dei recenti avvenimenti, soprattutto via Web, non serve a niente discutere di un caso specifico senza osservare nella sua interezza lo stato in cui versa l'architettura italiana.
Come sa, dato che è stato tra i partecipanti, la rivista online 'Edge' quest’anno ha posto a molti intellettuali una domanda: L’uso della rete ha cambiato il nostro modo di pensare?[4]
Interessante la riposta di Kevin Kelly (cofondatore di Wired):
«Il web è la mia carta e penna, e sono diventato più bravo a raccogliere informazioni. Ma la mia conoscenza è più fragile. Per ogni informazione che trovo c’è qualcuno pronto a dire il contrario. Ogni dato ha il suo “antidato”. L’enorme ragnatela del web mette in rilievo sia i dati sia gli antidati. Alcuni sono stupidi, altri sono convincenti. Non possiamo lasciar decidere agli esperti, perché per ogni esperto c’è un antiesperto altrettanto bravo. Perciò tutto quello che imparo subisce l’erosione di questi antifattori. Non ho più certezze. Invece di affidarmi a un’autorità, sono costretto a crearmi le mie certezze, non solo sulle cose che mi interessano, ma su tutto quello che leggo, compresi i campi in cui non posso avere nessuna esperienza dirett a. In generale, quindi, mi capita di presumere sempre più spesso che quello che so è sbagliato. Un atteggiamento ideale per uno scienziato. Ma questo significa anch e che ho più probabilità di cambiare idea per i motivi sbagliati. La capacità di accettare l’incertezza è uno dei cambiamenti che ho subìto. […] Sono meno interessato alla Verità e più interessato alle verità»[5].
L’architettura nei confronti del Web ha un grosso problema non può essere vista attraverso le immagini o letta sui saggi, poiché va osservata concretamente.
Io credo che sia arrivato il momento di un'analisi ampia del problema 'architettura' ed essendo lei uno dei maggiori intellettuali d'italia e non solo, nonché architetto, le vorrei fare due domande non prima di citare un passo tratto da Italo Calvino da ‘La speculazione Edilizia’:
«A Quinto più ne sentiva dir male più gli piaceva: il bello degli affari - quello che per la prima volta egli credeva d'andare scoprendo - era proprio questo cacciarsi avanti tra gente d'ogni risma, trattare con imbroglioni sapendo che sono imbroglioni e non lasciandosi imbrogliare, magari cercando d'imbrogliarli. Era «il momento economico» che contava, non altro. Però lo prese l'allarme che le informazioni di Canal fossero così cattive da sconsigliare la continuazione delle trattative.
- Vediamo: - disse, - con noi imbrogli non può farne.
Se paga il terreno è suo, se non paga no, è semplice. Come sta a soldi?
- Finora gli sono andate tutte bene, - disse l'avvocato.
- E sceso a *** dalla montagna coi calzoni rattoppati, mezzo analfabeta, e adesso impianta cantieri dappertutto, maneggia milioni, fa la pioggia e il bel tempo col Comune, coll'Ufficio Tecnico...
Quinto riconobbe l'astio nelle parole di Canal come un accento familiare; era la vecchia borghesia del luogo, conservatrice, onesta, parsimoniosa, paga del poco, senza slanci, senza fantasia, un po' gretta, che da mezzo secolo vedeva intorno cambiamenti cui non riusciva a tener testa, gente nuova e difforme prender campo, e doveva ogni volta recedere dalla propria chiusa opposizione facendo ricorso all'indifferenza, ma sempre a denti stretti. Ma non erano gli stessi sentimenti a muovere anche Quinto? Solo che Quinto reagiva sempre buttandosi dall'altra parte, abbracciando tutto quel che era nuovo, in contrasto, tutto quel che faceva violenza, e anche adesso, lì, a scoprire l'avvento d'una classe nuova del dopoguerra, d'imprenditori improvvisati e senza scrupoli, egli si sentiva preso da qualcosa che somigliava ora a un interesse scientifico («assistiamo a un importante fenomeno sociologico, mio caro...») ora a un contraddittorio compiacimento estetico. La squallida invasione del cemento aveva il volto camuso e informe dell'uomo nuovo Caisotti»[6].
Questo libro fu scritto tra il 5 aprile 1956 e il 12 luglio 1957, descrive l’identità della cultura architettonica italiana, che caratterizzerà i cinquant’anni a seguire, le chiedo:

possiamo permetterci che la cultura 'imprenditoriale' dei Pietro Caisotti possa essere la stessa degli stimati architetti?

è in grado la migliore classe pensante dell’architettura italiana di disinteressarsi alla propria verità - spesso concepita come taumaturgica - e interessarsi alle verità?

Un caro saluto,
Salvatore D’Agostino

Gentile Luigi Prestinenza Puglisi,
a proposito di questa sua frase: «Il fatto però e' che in altri casi pare attuarsi un gioco tanto semplice quanto brutale: il politico, di destra o di sinistra che sia (spesso di sinistra, alla faccia di tutte le sbandierate questioni morali), decide a tavolino il progettista e lo impone come condizione all’impresa»[7] le chiedo:

a che serve puntualizzare su una presunta supremazia di una parte politica rispetto ad un'altra?

Un caro saluto,
Salvatore D’Agostino

Risponde LPP
Si, in effetti non serve. Però, hai provato a lavorare in certe regioni rosse o rosa, se non fai parte della banda (intendo: quella che suona)? LPP[8]



Luigi Prestinenza Puglisi,
io vivo nell’enclave rossa della Sicilia gestita da Vladimiro Crisafulli, inventore dell’università di Enna’ Kore’, della privatizzazione dell’immondizia (ATO), ideatore di un parco di divertimenti intorno al lago Pozzillo di Regabulto, tutore dell’area industriale della Valle del Dittaino e fervente sostenitore di un aeroporto internazionale da costruire a Centuripe.
Un politico molto amato da Giuliano Ferrara poiché la sua faccia gli ricorda quella di Marlon Brando nella versione ‘Il padrino’ di Francis Ford Coppola e osannato da Pietrangelo Buttafuoco che in un intervista alla domanda: «Quale politico italiano rappresenta meglio la destra che lei vorrebbe?» Rispose: «Il mio amico Vladimiro Crisafulli. È il leader del Pd in Sicilia. Non è di destra ma solo lui saprebbe come fare».
Un politico che sa monitorare gli investimenti pubblici e gestire le poche attività dei privati. Legato al territorio con fidelizzazione conquistata sui palchi e i sottopalchi dei comizi di paese.

Vladimiro Crisafulli è un uomo concreto, ha eliminato l’unica possibilità per i paesani di affacciarsi fuori dal mondo ‘l’Università’, com'è noto noi paesani ogni tanto migriamo da resort in resort o da centro storico in centro storico senza superare mai i confini del buon turista, in questo siamo molto ordinati. Il nostro sa bene che la ‘kore’ gli garantirà i voti delle giovani leve, alienando le loro menti con gli insegnamenti dei professori universitari paesani (professionalità nata e diffusa in tutta Italia con le ultime riforme).

Dicevo, concreto, perché sa promettere la modernità, usato come pretestuoso grimaldello per emancipare il suo mondo elettorale dall’atavico provincialismo.
Cappiddazzu, come viene chiamato dai suoi ammiratori o detrattori, sa bene che non può prospettare ai figli dei vecchi contadini il mito del borgo antico, poiché il suo elettorato non è costituito da borghesi misoneisti da centro storico.
Qui, nel plesso solare della Sicilia, finalmente i paesi si sono svecchiati, completando la fase dell’evacuazione delle zone storiche, un vero e proprio esodo dalle inospitali città di pietra. Adesso gli abitanti sono 'moderni' vivono nelle città di cemento che pagheranno tra venti, trent’anni, progettate dai tecnici amici sia esso geometra, ingegnere o architetto non interessa.
Una modernità che sarà ancora più esaltata dalla costruzione del primo outlet nel sud, progettato dallo studio fiorentino di Guido Lorenzo Spadolini che per uno strano gioco del destino e di semplice marketing, costruirà in cemento un finto borgo toscano con la complicità del potente imprenditore catanese Mario Ciancio Sanfilippo
.

Vladimiro Crisafulli incarna l’uomo politico dominante in Italia (che sia di sinistra o di destra non importa, questa è una sottigliezza per politici inani da salotto buono) con la sua idea di furba modernità ha conquistato il territorio politico ed edilizio, - connubio inscindibile in zone dove non è mai esistita l’industrializzazione - sono convinto che dopo l’allegro e condiviso sprawl dei paesi penserà a trovare i finanziamenti per i decadenti ‘centri storici‘ per ricostruirli a misura di turista.
Completerà così il ciclo di trasformazione del suo elettorato che da ex figli di contadini si trasformeranno in borghesi ‘economicus’ di seconda mano.

Caro Luigi,
se ti capita di venire da queste parti, mi raccomando dimentica il tuo mestiere di critico, quelle case che tu pensi non siano architetture, per chi ci vive sono le dimore più belle del mondo, ma non intenso nel senso del mondo globale, fluido e varie smancerie da intellettuali di città.

Riprendendo i contenuti del nostro dialogo ti pongo altre domande:

siamo proprio sicuri che la corruzione dei concorsi di architettura sia solo un problema di colore politico?

perché persone come Antonio Iannello (architetto campano, non di sinistra, che aveva denunciato lo scempio in corso nella sua terra prima di Roberto Saviano, morto nel 1997) non trovano spazio nelle riviste di architettura?

non credi che l’architettura inizi dal saper vedere queste città di nessuno?

Un caro saluto,
Salvatore D’Agostino

19 febbraio 2010 (ultima modifica: 22 febbraio 2010)


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Note:

[1] Franco Arminio, Il vocabolario di Fahrenheit, Programma radio tre del 31/12/2009

[2] Luca Guido: I costi dell' architettura, presS/Tletter n.03-2010

[3]
Stefano Boeri risponde a Luca Guido sulla questione della Maddalena + un botta e risposta tra Boeri e LPP, presS/Tletter n.04-2004

[4] The Edge Annual Question, 2010, HOW IS THE INTERNET CHANGING THE WAY YOU THINK?

[5] Trad. it., Kevin Kelly, Il pensiero fluido, Internazionale, n 831, 29 gennaio 2010, pp.34-36

[6] Italo Calvino, La speculazione edilizia, Einaudi,Torino, 1963

[7] Luigi Prestinenza Puglisi, I concorsi: Boeri, Niemeyer e altre storie, presS/Tletter n.03-2010


[8] Salvatore D’Agostino: L’identità dell’architettura italiana e i Pietro Caisotti. Due domande a Boeri e una a LPP, presS/Tletter n.05-2010

Le immagini sono trarre dal lavoro 'finExTRA' di Salvatore D'Agostino 1, 2 e 3.

11 gennaio 2010

0036 [SPECULAZIONE] Paesi, paesaggi, paesologia e Franco Arminio

di Salvatore D'Agostino

Franco Arminio è un ipocondriaco per curarsi scrive. Vive a Bisaccia, un comune campano di 4.400 anime. Quasi giornalmente va a fare visita ai piccoli comuni della sua zona, cammina, osserva, chiacchiera e spesso consuma il suo pranzo (un panino imbottito) seduto su una panchina, quando la trova. Dopo anni di attività pedestre ha inventato una nuova scienza la paesologia.1


Salvatore D'Agostino In Italia ci sono:
  • 835 comuni con meno di 500 abitanti
  • 1138 comuni fra i 500 e 999 abitanti;
  • 1669 comuni fra i 1000 e 1999 abitanti;
  • 1010 comuni fra i 2000 e 2099 abitanti;
  • 702 comuni fra i 3000 e 3999 abitanti;
  • 488 comuni fra i 4000 e 4999 abitanti.

Per un totale di 5842 su 8100. Cioè circa il 72% dei comuni hanno meno di 5000 abitanti pari a una popolazione di circa 15.000.0000 milioni su 60.000.000, quindi il 25% della popolazione italiana vive nei piccoli paesi.
Scrivi: «Un paese è un luogo dove non si può barare».2 Sono tutti luoghi da bandiera bianca?3

Franco Arminio Non credo che siano tutti paesi da bandiera bianca. I paesi da bandiera bianca in realtà sono molto pochi. Sicuramente non sono paesi da bandiera bianca quelli vicini alla città o quelli in pianura. il fatto che quindici milioni di italiani vivano nei piccoli paesi non significa che vivano in luoghi simili. Ogni paese è un po' un caso a sé e quelli di cinquecento abitanti sono assai diversi da quelli di quattromila. Rimane il fatto impressionante che si parla poco di paesi e dei loro problemi. La paesologia nasce proprio dalla constatazione che ci sono i paesi e non se ne parla. Al massimo ci sono quelli che scrivono del proprio paese.
«"E' da li che a me è venuta la voglia, o è tornata, di guardare non solo sempre avanti, ma anche oltre il bordo della strada. Per "PAESAGGIRE" come dice Zanzotto.No! Il paesaggio non è il panorama che si può comprare in cartolina, perché ci siamo dentro noi nel paesaggio!!PAESAGGIRE! IMMAGINARE!!Non solo nel virtuale, ma anche nel reale. Leggere i segni di quello che accadrà domani in quello che hai intorno adesso; il paesaggio non è una quinta da teatro che si possa tirare via così insieme al resto... senza che insieme strappino anche noi dalla scena. E' per questo che ci sentiamo rigidi, spaesati, impauriti...»4
Marco Paolini inizia così il suo viaggio, prima veneto e dopo italiano, facendo suo lo sguardo del poeta Andrea Zanzotto,5 il 'paesaggio' non è una visione estetica ma un deposito di tracce. La paesologia?

Con Zanzotto ho avuto una lunga frequentazione epistolare e anche telefonica quando scrivevo solamente in versi. Ho sempre amato il suo lavoro. Lui, come me, ha una precisa geografia della scrittura, nel senso che scrive quasi sempre all'interno dello stesso paesaggio. La paesologia non è una visione estetica, ma una forma di attenzione per i luoghi più sperduti e affranti. Ovviamente si può descrivere qualunque paese, ma credo che a me riesca meglio parlare dei luoghi più desolati, che poi spesso sono i luoghi più vicini al mio paese. La paesologia è un viaggiare nei dintorni, è la soluzione di chi non riesce più a stare nel proprio paese ma non riesce neppure a lasciarlo. Quando parlo di paesi parlo soprattutto di paesaggi, direi che sono la cosa che sento di più. Mi ricordo quando vado in un luogo più la curva di una collina che il profilo di un viso.

Alla 10° Mostra Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia dal tema "Città. Architettura e società" del 2006, il curatore del padiglione tedesco Philipp Oswalt presentò, la ricerca sulle 'Shrinking cities' ovvero le città che si contraggono: 
«La decrescita porta - esattamente come a sua volta la crescita - a trasformazioni di carattere fondamentale, cui corrispondono modifiche dei principi, dei modelli di azione e delle pratiche che di conseguenza generano nuove tendenze all'interno della società. Il fenomeno della contrazione urbana è dovuto a diversi processi di trasformazione. Nei vecchi paesi industrializzati, nei quali principalmente si è riscontrato il fenomeno del ritiro urbano negli ultimi decenni, le cause principali sono dovute alla suburbanizzazione, alla deindustrializzazione, al calo demografico e ai cambiamenti politici seguiti alla caduta del comunismo.»6
In Germania vi è una programmazione nei confronti di queste realtà, l'IBA di Berlino a tal proposito ha stilato 10 principi.7
In Italia, molte città si sono contratte ma contrariamente alla sensibilità politica/accademica tedesca sono stati agevolati interventi non organici che favoriscono la cementificazione coatta.
Qual è il rapporto tra il costruito e gli abitanti nei paesi che vai a visitare?

Nei paesi ci sono più case che abitanti, penso soprattutto ai paesi svuotati dall'emigrazione, quelli che stanno nelle zone più interne e montuose. Spesso sono stati proprio questi emigranti ad alimentare la cementificazione. Molti tornano nei paesi proprio per fare prendere aria alle loro case, chiuse tutto l'anno. Un'altra cosa che mi colpisce è che i paesi abbiano il buco a centro. Quelli che non sono andati via hanno realizzato una sorta di emigrazione in periferia. Io li chiamo i disertori sociali. A causa loro i paesi sono abitati più nei loro margini che al centro. E questa conformazione del costruito contribuisce a creare una sorta di effetto vuoto che si ha andando in giro per i paesi. Sarebbe opportuno riportare nuovi residenti creando delle facilitazioni chi decide di comprare casa nei piccoli centri. D'altra parte sarebbe anche il caso di bloccare la costruzione di nuove case, ma favorire solo la ristrutturazione di quelle ubicate nei centri storici.

È possibile ristrutturare le abitazioni del nucleo più denso dei paesi, non credi che per gli emigranti o gli abitanti siano case povere, inospitali, vecchie?

Ieri sono stato ad Accadia,8 in provincia di Foggia. C'è un pezzo di paese interamente ristrutturato, ma completamente vuoto. Ora vorrebbero affidarlo a un'agenzia turistica, ma è una scelta che non ha senso. La sfida vera è portare nuovi residenti nei paesi. Il patrimonio edilizio è notevole, come quantità e qualità. È una situazione che ho constatato di persona in moltissimi paesi. Magari ci sono zone in cui le case sono povere e inospitali, ma sarebbe meglio risistemarle piuttosto che costruire ancora case nuove.

Non credi che questi luoghi amabili per il turista di passaggio siano incompatibili con le esigenze abitative dell’uomo contemporaneo?

In parte si. D'altra parte "l'uomo contemporaneo" deve capire che non può usare gli spazi a suo piacimento. E penso che alla logica di casa bella in un luogo brutto debba subentrare una logica in cui la bellezza del luogo sia più importante della bellezza della casa. L'uomo contemporaneo deve lasciare il delirio della dimora autistica e deve tornare ad abitare di più gli spazi collettivi. Se ognuno vuole abitare in una reggia è chiaro che fra poco non ci sarà più terra e il mondo diventerà un gigantesco deposito di materiale edile. Purtroppo da questo punto di vista l'italia è all'avanguardia.
«Il centro storico è in rovina, il resto è periferia, una periferia dispersa casa per casa. Solita storia di una comunità in fuga dal passato.» Franco Arminio9
Per Vincenzo Cerami: «l'Italia di oggi è un'unica città senza soluzione di continuità.»10 La fuga di cui parli è osservabile sorvolando il nostro territorio. Che cos'è la periferia nelle piccole comunità?

Io frequento i luoghi italiani dove questa città diffusa si interrompe. Penso alla Lucania, al Molise, alla Sardegna. L'italia costruita dalle betoniere è veramente sconsolante.
Le periferie nei piccoli centri sono i luoghi dei disertori, i luoghi di chi ha voltato le spalle al suo paese, ma non ha avuto il coraggio di andarsene lontano.

Che cos'è la paesanologia?

La paesanologia è la disciplina praticata dagli storici locali, dai presidenti delle pro loco. Sono figure a tutti note, non credo sia necessario aggiungere altro.
«Una volta nei piccoli luoghi si guardava il mondo come una faccenda che avveniva altrove. Il paese era un altro mondo.»11 e «Adesso è quasi l'una. Accenda (sic) la videocamera su una vespa dove un tipo del paese vende due orologi a cinque euro. Mi dice che ha pure gli accendini porno e che se voglio incontrarlo posso andare su youtube o su facebook. Adesso l'incontro reale è sempre più solo l'occasione per darsi appuntamento nel mondo virtuale, un appuntamento che spesso si evade perché dimentichiamo il nome o perdiamo i numeri che ci hanno dato.»12
Qual è la visione del mondo nei paesi oggi?

Difficile dire qual è la visione del mondo nei paesi oggi. Direi che salvo eccezioni c'è un sentimento piccolo, che è quello di entrare in questo mondo, senza rendersene conto che la grandezza di un paese oggi sta proprio nel suo essere fuori dal mondo. Un mondo spento e velleitario dovrebbe incoraggiare più spinte che centrifughe e non le ossessive spinte centripete a cui ancora assistiamo.
«Franco Arminio uno dei poeti più importanti di questo paese, il migliore che abbia mai raccontato il terremoto e ciò che ha generato scrive in una sua poesia: "Venticinque anni dopo il terremoto dei morti sarà rimasto poco. Dei vivi ancora meno". Siamo ancora in tempo perché in Abruzzo questo non accada. Non permettere che la speculazione vinca come sempre successo in passato è davvero l'unico omaggio vero, concreto, ai caduti di questo terremoto, uccisi non dalla terra che trema ma dal cemento».
Roberto Saviano conclude così il suo articolo dedicato al terremoto abruzzese del 6 aprile 2009, teme «la maledizione del terremoto non è soltanto quel minuto in cui la terra ha tremato, ma ciò che accadrà dopo».13

Ormai è normale definire con la parola terremoto anche tutto quello che accade dopo, con la fase di ricostruzione. La via che mi sento di suggerire è quella di ricostruire i paesi più che le case. Un paese è qualcosa di più che un insieme di case, questo bisogna sempre ricordarselo.

Lo scrittore Angelo Ferracuti nel 2005 ti venne a fare visita, ecco come descrisse Bisaccia:
«Venerdì 18 novembre 2005.
9.00
Ho preparato il bagaglio. Anche questo breve viaggio è finito e penso che ho visto un altro piccolo pezzo di mondo. Il cielo è aggrottato, per le strade annusi aria di neve. Prima di andarmene faccio un giro per il paese. Le casette in pietra del corso, ‘equilibrio e la grazia dei caseggiati fanno a cazzotti con il cemento del paese nuovo. Stanno come la civiltà alla barbarie. Vicino alle scuole elementari c’è la chiesa, ma sembra un osservatorio della Nasa. circolare, e davanti ha una specie di strano obelisco con in cima quello che sembra un radar. Forse è un misuratore del cattivo gusto, del brutto, e qui ce n’è davvero tanto. È quasi tutto opera di un geniale architetto napoletano.»14
L’architetto napoletano è Aldo Loris Rossi, Anch'esso bisaccese, chiamato a ricostruire il paese dopo il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980.
«Io quando muoio non voglio essere portato in questa chiesa (ndr la stessa descritta da Angelo Ferracuti) e non voglio che sia questo prete a dire la messa». Franco Arminio15
Oggi le due Bisaccie si osservano, forse si fronteggiano. Dopo 29 anni come e dove vivono i bisaccesi?

Ci sono tre paesi. Il nuovo, il vecchio e il cimitero. Oggi, almeno a Bisaccia, il paese dei morti mi pare di gran lunga il più vivo. Ho sempre pensato al mio paese come a un luogo particolare, un luogo con una combustione intellettuale molto forte. Adesso e piuttosto precipitosamente questa anomalia del mio paese va scemando. Stiamo diventando uno dei tanti luoghi spenti dell’appennino meridionale. I bisaccesi vivono male e dicono di stare malissimo, come tutti i meridionali. È un paese di cattivo umore e di cattiva volontà, luogo ideale per i miei esercizi di anatomopaesologia. Non ci sono slanci speranzosi. La vitalità è così bassa che perfino i rancorosi sembra abbiano perso le unghie e i denti.

Questa non è una domanda ma una richiesta: un consiglio agli architetti, urbanisti e ingegneri delle piccole comunità.

Un architetto che lavora nel suo paese dovrebbe sempre ricordarsi che se fa una porcheria dovrà vedersela davanti agli occhi ogni giorno. In un piccolo paese ci vuole una grande architettura, questa è l'idea che dovrebbe guidare il lavoro dei tecnici.

11 gennaio 2010
Intersezioni ---> SPECULAZIONE

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Note:
1 «La paesologia è una forma di attenzione. È uno sguardo lento, dilatato, verso queste creature che per secoli sono rimaste identiche a se stesse e ora sono in fuga dalla loro forma.» Franco Arminio, Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia, Laterza, 2008, p. 180
«In realtà il mondo in cui viviamo è perfettamente simile a quella cosa un po' opprimente che è un posto di cinquecento abitanti, La società globale è la società della ruralità di massa. Niente piazza, niente vita comunitaria, ognuno è un pastore che pascola le sue pecore morte. Veramente non c'è scampo. Poi uno può decidere di non pensarci, può capitare che ci si diverta passeggiando in riva al mare o facendo l'amore in una stanza d'albergo, può essere che si stia bene su una panchina del proprio paese, tutto può essere, ma siamo nel campo delle deroghe, delle eccezioni. La regola, la legge che si profila sembra seguire la curva delirante della mia disciplina: paesologia, tanatologia, teratologia. Detto altrimenti: il mondo è un paese, il paese è morto, dunque il mondo è un inferno abitato da mostri.» op. cit., p. XIII
«La paesologia non si occupa di chi parte ma di chi resta. È la disciplina che segue chi non avanza a vele spiegate, ma chi inciampa, chi sente la vita che si guasta giorno per giorno, paese per paese.» op. cit., p.186
2 Franco Arminio, op. cit., pp. XII-XII
3 «Va di moda assegnare le bandiere ai luoghi. C'è chi assegna la bandiera blu alle migliori località di mare e chi quella arancione ai paesi più belli. La scuola di paesologia potrebbe assegnare la bandiera bianca ai paesi più sperduti e affranti, i paesi della resa, quelli sulla soglia dell'estinzione. Ce ne sono tanti e sono i meno visitati. Non hanno il museo della civiltà contadina, non hanno il negozio che vende i prodotti tipici, non hanno la brochure che illustra le bellezze del posto, non hanno il medico tutti i giorni e la farmacia è aperta solo per qualche ora. Sono i paesi in cui si sente l'assenza di chi se n'è andato e quella di chi non è mai venuto. Non hanno neppure stranezze particolari: gli abitanti non sono tutti parenti tra di loro, non fanno processioni coi serpenti, non fanno la festa degli ammogliati, non hanno dato i natali a una famosa cantante o a un politico o a un calciatore. Non hanno neppure particolari arretratezze, hanno l'acqua calda in tutte le case, hanno le macchine e il televisore, tutti hanno di che mangiare e un tetto dove dormire.» op. cit., p. IX
4 Marco Paolini, I Cani del gas', Einaudi, Torino, 2002
5Andrea Zanzotto, La Beltà, Mondadori, Milano, 1968
6 Città in contrazione presso la 10° Mostra Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2006
7 IBA ristrutturazione urbana 2010. Nuove prospettive per le città in cambiamento
8 10 luglio 2009 [ndr data dell'email]
9 Franco Arminio, op. cit., p. 147
10 Intervista a Vincenzo Cerami su 'Fahrenheit' radiotre, 5/12/2007
11 Franco Arminio, op. cit., p. 179
12 Franco Arminio, mattinata a candela, blog Scuola di paesologia, 27 marzo 2009
13 Roberto Saviano, La ricostruzione a rischio clan ecco il partito del terremoto, La repubblica, 14 aprile 2009 (qui)
14 Angelo Ferracuti, Le risorse umane, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 204
15 Franco Arminio, op. cit., p. 49

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