26 giugno 2008

0017 [SPECULAZIONE] Andrea Zanzotto non Marco Casamonti

di Salvatore D'Agostino 

   Giuseppe Pontiggia sosteneva che, per affinare la propria scrittura, bisogna essere dei buoni lettori, non credeva negli scrittori artisti cioè quelli che per non rovinare la propria aurea non si fanno contaminare da altre idee. 

   L’architetto spesso confuso come artista, ricade nella categoria dei non lettori, raramente riesce a leggere in profondità testi (architettonici) altrui, scadendo nella dialettica da bar: bello/brutto, hard/soft, antico/moderno; ma se la conversazione popolare è importante per le sane dispute tra amici e per una risata sarcastica, può non servire per affinare gli strumenti del mestiere. Seguendo il pensiero di Pontiggia, non solo un buon lettore osserva meglio la realtà evitando di parlare a vuoto di intuizioni già analizzate da altri, riconosce la paternità di un’idea, elabora connessioni e non crea confusioni.

   La citazione non è un diritto d’autore, ma semplicemente elaborazione di un pensiero forte e pregnante che ci sta portando altrove. Saper citare significa saper crescere. 

   Nel vedere i video degli incontri della Festarch, mi sono imbattuto in due interventi dell’architetto Marco Casamonti di Archea, impegnato nella sua conquista del mondo attraverso i luoghi topici (Milano, Pechino) e un centinaio di neoarchitetti (da 1500 euro mensili). In tutte e due gli interventi si dimentica di attribuire una frase al poeta Andrea Zanzotto (V. 0002 [A-B USO] C'è una vera e propria malattia del costruire). La frase, priva di retorica ecologista, sintetizza la devastazione del cemento negli ultimi cinquant’anni in Italia: “L’Italia è passata dai campi di sterminio allo sterminio dei campi”. 

   Architetto Marco Casamonti le chiedo è un furto d’autore o è la frenesia da ‘parole icone’, che includono tutto e il suo contrario, nel desiderio di diventare POPolare?
26 giugno 2008 (Ultima modifica 13 agosto 2012)
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4 commenti:

  1. ho appena visto il video, ....ma mi faccia il piacere....!!...sig. arch. Casamonti!

    bravo Salvatore, e tante grazie.
    Carmelo

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  2. Bello e illuminante il video. Per motivi di tempo mi sono fermato all'inizio delle diapositive quindi non mi riferirò ai progetti di Archea.
    Casamonti spiega molto bene la condizione dell'architettura attuale:
    intanto dice di non apprezzare gli studi-azienda ma, di fatto, si comporta allo stesso modo; le aziende fanno preventivi, gli architetti fanno progetti che poi il cliente rifiuta, con la differenza che in Cina li copiano e li fanno uguali, in Italia si accontentano di vederne la fattibilità, poi un architetto qualsiasi che farà un progetto qualsiasi si trova sempre.
    In questo trovo più intelligenza nei cinesi che almeno dimostrano di apprezzare il progetto, agli italiani frega niente.
    Poi c'è la percezione di una internazionalizzazione dell'architetto che sta sul mercato, che lotta per lavorare, che opera sui costi, che cerca di comportarsi come un'azienda: tutte questi fattori fanno comprendere come in Italia ci sia ancora la cultura degli ordini che contano sempre meno ma rappresentano comunque un freno. Siamo molto indietro e la colpa è di un sistema chiuso e vecchio.
    Infine, se Casamonti, o chiunque altro italiano, va a fare in Cina le stesse cose che farebbe a New York o Londra, i cinesi possono scegliere lui o chiunque altro: insomma se l'architettura italiana non trova una sua strada che non può prescindere dalla nostre grandi tradizioni, vince il più forte e il più strutturato.
    Il tema è bello ed apre molte possibilità di approfondimento.
    Pietro

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  3. Ho ricevuto dallo staff Archea questa mail (26 giugno 2008 ore 11.20):
    E' sempre un piacere dedicare la propria vita all'architettura italiana, affrontando incommensurabili sconfitte e fatiche per cercare di fare in questo paese cose di qualità, e questo nonostante persone che come lei pensano che l'intelletto senza il coraggio di esporsi possa essere una risorsa in questo paese.
    Ancora Grazie
    Lo studio Archea

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  4. POP LIFE,
    mi cita qui
    ed io copio e incollo un’altra citazione tratta dal suo post (forse perché ho riletto la mail dello studio ARCHEA), lo faccio senza un motivo particolare:
    « 3
    nel dialetto veneto si dice che la differenza tra un ingegnere ed un architetto sia la seguente “l’ingegnere dice scaca boton pinza la luce” tradotto “pigia il bottone e si deve accendere la luce” l’architetto dice “xe beo ? xe bruto ? parlemoghene” “è bello ? è brutto ? parliamone”. forse il cittadino non ha più voglia di vedere gli incantatori di serpenti ma vuole vedere la luce accendersi».
    Un altro veneto su skype mi ha scritto: «da me si dice: schisa el boton, impisa a luce...»
    Copia incollato,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina

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