27 agosto 2014

Pietro Motisi | Sudlimazione

text by Salvatore D’Agostino

Between 1951 and 1953 the writer and photographer Fosco Maraini, together with the editor Diego De Donato started their trip from Campania to Sicily. His intent was to «put between two covers all, just all our South: magnificence and horrors - writes Maraini - middle class and farmers, sailors, bishops and Mafioso's, everything, i say everything». But, after collecting a huge amount of materials, the project that should have been called Nostro Sud, was abandoned because of a wearing down «owerpowered by the wealth of things, the richness of the aspects, the multitude of faces and destinies, we end up to the immense fire of South». 

Fosco Maraini: Piana degli Albanesi (1952) and La torre nuvolaria near Termini Imerese (1952)


Nostro Sud, if published, it would have been the first narrative for images of the South, just because, before the ambitious Maraini's project, photography in Sicily was used to serve something else instead of being an autonomous tale.

20 agosto 2014

0054 [SPECULAZIONE] Ugo Rosa | Abitare Instant Biennale ovvero il deserto del Gobi dell’intelligenza critica

di Salvatore D’Agostino

Da qualche mese Ugo Rosa, quasi ogni giorno, scrive lettere – sul suo profilo facebook - alla sua amica F.B. sull'arroganza dell’architettura contemporanea che condanna all’iperattualità. Pubblico, con il consenso dell’autore, l’ultima lettera dedicata allo speciale della rivista Abitare sula biennale di architettura di Venezia.

Prima di leggere la lettera, due note a margine su due miti dell’architetto che legge e cerca la critica.

La prima: un architetto che fa il mestiere dell’architetto non deve avere come obbligo, tra i suoi requisiti, la lettura. Un buon architetto, se non può andare a vedere le architetture, legge i disegni, non ha bisogno di didascalie o scritti di supporto per imparare a progettare. Personalmente sogno libri di architettura senza parole, costituiti da solo disegni. Se è possibile non disegni accattivanti o da quadro da salotto buono e soprattutto senza foto ‘da messa in posa’ del fotografo di architettura. Libri da sfogliare, magari da ridisegnare.

La seconda: ‘critica’ è una parola delicatissima che ancora oggi per l’architettura viene rielaborata sui canoni d’inizio del novecento, quando alcuni bravi critici dell’arte utilizzarono il linguaggio dedicato alle opere d’arte per criticare le architetture. Da quel momento l’architettura diventa, per il nuovo critico di architettura, un’opera d’arte osservata come se fosse un oggetto. L’architettura, per sua natura, non è un’opera d’arte ed è sbagliato continuare a parafrasare, se non a scimmiottare, il linguaggio dei critici dell’arte per parlare di architettura. AAA cercasi un linguaggio specifico per la ‘critica’ di architettura.

Di seguito la lettera del 19 agosto 2014 di Ugo Rosa a F. B.


sfoglia Abitare Instant Biennale



5 agosto 2014

0015 [WILFING] Come leggere l'architettura transnazionale e vivere felici

di Salvatore D’Agostino

Pubblico l'introduzione eliminata dal post 0015 Colloquio Italia ---> Inghilterra con Davide Del Giudice, come promesso a @aRCHIfETISH autore del blog Archifetish.
È arrivato il momento di cambiare il punto di osservazione (ndr per l’aporia/rubrica fuga di cervelli) e scrutare le dinamiche del nostro paese osservando la vita dei cittadini che abitano il pianeta terra, oggi, nel 21° secolo. Una dilatazione di prospettiva che da subito si rileva complicata perché è impossibile semplificare le infinite culture abitative esistenti nel nostro pianeta. Per orientare questo dialogo ci aiutiamo delle analisi del sociologo Leslie Sklair e le usiamo come linea guida:
«In architettura, come in altri ambiti - scrive Sklair -, la classe capitalistica transnazionale è transnazionale perché: gli interessi economici dei suoi membri sono sempre più collegati a livello globale, piuttosto che di origine esclusivamente locale e nazionale: la TCC (ndr Transnational Capitalist Class) cerca di esercitare il controllo economico nei luoghi di lavoro, il controllo delle politiche interne e internazionali, e il controllo ideologico - culturale nella vita quotidiana attraverso forme specifiche di retorica e pratica del consumo e della concorrenza; i membri della TCC tendono a condividere l'alto livello di istruzione e il consumo i beni e servizi di lusso. Infine, i membri della TCC vogliono dare un'immagine di se stessi come dei cittadini del mondo, oltre che dei propri luoghi di nascita».1

Da quest’angolazione ipotizziamo un uomo nato sul suolo inglese o italiano o cinese o emirato arabo e consideriamo che faccia parte della classe capitalistica transnazionale TCC (come ipotizzato da Leslie Sklair) per domandarci: che abitante è?