di Salvatore D'Agostino
L'architettura implementata in un'intervista con l'autore del blog MADE in CALIFORNIA.
Salvatore D'Agostino
«Il genio di Manhattan consiste nella semplicità con cui l'apparenza si scinde dalla realizzazione: l'illusione architettonica rimane intatta pur abbandonandosi interamente alle esigenze della metropoli; l'architettura si relaziona alle forze della Großstandt come un surfista alle onde.» (Rem Koolhaas)
Cercando nella rete sul tuo blog appare scritto: MADEinCALIFORNIA, nella terra dei surfisti e dell'architettura… Tralasciando il perché del tuo blog (Leggi: Why Made In California?), trovi che ci sia veramente un'analogia tra surf e architettura?
Davide Del Giudice Si potrebbero trovare diverse analogie tra l'architettura e il surf, ma quella che ritengo più importante è la sensazione che provi nell'azione di fare architettura e fare surf. L'unica differenza è il tempo. In architettura prima di avere dei risultati concreti ci vuole molto tempo, nel surf tutto è molto più immediato. Fare surf non è solo uno sport, è uno stile di vita. Quando fai surf l'oceano scambia con te la sua energia, ti trasmette la sua forza. Quando sei sulla tavola e cavalchi l'onda, in quel momento ti sembra di volare. In California, patria del surf, molti praticano questo sport anche i bambini. Ho vissuto con un surfista e ho amici surfisti e tutti mi dicono la stessa cosa: fare surf ti rende libero.
Uno dei miei film preferiti è Point Break, di Kathryn Bigelow; un gruppo di surfisti sopravvive alla vita di tutti i giorni compiendo continue esperienze adrenaliniche e rifiutando il sistema. La loro "droga" è l'adrenalina: si lanciano con il paracadute, fanno sport estremi e per pagarsi tutto questo fanno rapine a Los Angeles. Lo spirito del film è quello di vivere una vita libera priva di costrizioni.
Anche nell'architettura, quando progettiamo ci sentiamo liberi. Gli architetti trovano la loro libertà in quei segni grafici che creano sul foglio bianco, anche se costretti dai vincoli, dalle normative, dai costi riusciamo a creare la nostra architettura e quando ci riusciamo abbiamo raggiunto la nostra libertà. Come in Point Break dove il messaggio è che la vita si deve vivere al limite, se no è solo una vita vuota, in architettura dobbiamo osare e andare oltre i nostri limiti per creare qualcosa di interessante.
Recentemente hai partecipato a diversi workshop: Una stanza di luce; Architettura Parametrica - approccio al progetto di architettura attraverso software parametrici; Prototyping the city. In che misura, queste esperienze, sono state formative?
Dopo aver frequentato questi workshop posso dire che sono stati tutti e tre molto formativi aprendo nuove strade alla mia agenda personale di ricerca: i pattern generativi, features parametriche e la prototipazione, la realizzazione di un padiglione eco-parametrico. Ognuno di questi tre workshop ha lasciato qualcosa nel mio bagaglio personale che col tempo vorrei riprendere e continuare ad approfondire nel blog.
Consiglio a tutti gli studenti, ma anche ai professionisti, di cogliere l'occasione di partecipare ai workshop e rimanere costantemente aggiornati. Vorrei anche sfatare il luogo comune della facoltà di architettura italiana che non prepara lo studente. La facoltà dà gli strumenti per capire come organizzarsi una volta raggiunto il mondo del lavoro; certo facciamo una fatica immensa, ma a questo ci si abitua.
Il workshop "una stanza di luce" è stata l'occasione per lavorare in modo intensivo per 3 giorni ad un progetto di una stanza di un museo. Il tema è stato quello di progettare il sistema di illuminazione naturale di questo spazio lavorando sulle aperture dell'ultimo solaio, in modo da ottenere un esatto quantitativo di luce naturale prefissato. Ognuno di noi ha fatto dei plastici in scala sempre più dettagliati partendo dallo studio di superfici con aperture che seguivano dei pattern che si adattavano a seconda della quantità di luce da portare all'interno della stanza. Abbiamo lavorato in un ambiente molto suggestivo e stimolante, la mostra dei progetti dello studio MCA alla Cavallerizza Maneggio Chiablese di Torino. L'architetto Mario Cucinella con le sue critiche costruttive nella fase centrale e finale del workshop è stato molto prezioso e indispensabile per la riuscita di ogni progetto.
Il secondo workshop mi ha dato la possibilità di conoscere Maria Ludovica Tramontin (asp(e)x esperimental architecture, UNICA, Pratt Insitute, NY, USA) e Erich Schoenenberger (Su11 architecture+design, Pratt Insitute, NY, USA ). Oltre ai due tutor ho conosciuto un gruppo di studenti sardi e ora amici blogger che si occupano di architettura parametrica in Italia. Forse la cosa che mi ha colpito di più di questo workshop è stato appunto questo sistema di relazioni che si è andato a creare. Tre giorni intensivi lavorando con il software Generative Components della Bentley con persone molto preparate che condividevano la mia stessa passione. Anche in questo workshop il risultato finale è stato quello di creare qualcosa di tangibile, creato con il software e una macchina a taglio laser: un modulo tridimensionale che si adatta nello spazio in forma e dimensioni seguendo le u e v di una superficie generata da tre curve.
L'ultimo workshop è stata una summer school organizzata dal Politecnico di Torino, L'Architectural Association di Londra e la Columbia University di New York. Ognuna di queste tre facoltà di architettura aveva dei docenti come rappresentanti. Questa volta non ero studente ma sono passato dall'altra parte, essendo nel team dei tutors. La summer school consisteva in progettare e realizzare un padiglione ecologico con duecento stick di legno e duecento assi, tramite software parametrici come Grasshopper di Rhino4, Processing e Maya. In questa esperienza ho lavorato in un ambiente molto creativo e con studenti con un altissimo potenziale, ognuno di loro era specializzato in qualcosa e lavorava insieme agli altri per realizzare un progetto comune. Per questa summer school ho creato un blog http://www.protocity.blogspot.com/ . È stata molto intensa anche la review finale con la jury composta da Brett Steele, Antonino Saggio, Bernard Cache, Yasha Grobman, Enrico Morteo e Stefano Mirti, dove tutti gli studenti hanno uplodato ogni giorno il processo progettuale e gli esperimenti sui materiali.
Che cosa intendi per architettura parametrica?
Parametrica è un'entità geometrica creata da variabili. Con un sistema parametrico si ha un concetto di spazio legato ad un insieme di dati che possono essere modificati generando una nuova entità geometrica. È un concetto molto pratico: data una serie di dati otteniamo una forma e in un qualsiasi momento modificando il valore di questi dati automaticamente modificheremo la forma iniziale.
Con l'introduzione del computer il disegno architettonico è diventato parametrico. I primi esempi di moduli parametrici sono stati i blocchi di Autocad, utilizzati negli arredi o per i moduli in facciata. In qualsiasi momento editando il blocco di partenza e modificando le dimensioni il disegno viene aggiornato con le modifiche apportate ovunque siano stati utilizzati i blocchi. Una proto-parametrizzazione la troviamo nell'utilizzo di strumenti xref e dei blocchi 2d e 3d di Autocad che hanno ottimizzato il flusso di lavoro grazie ad un sistema di aggiornamento dei disegni fatti da un team composto da diverse persone che lavora sullo stesso file. Questo è il concetto che sta alla base dei sistemi attuali BIM (building information modeling). Chi si occupa dei prospetti automaticamente modifica gli elevati e il software aggiorna anche le piante. Non solo, scegliendo il pacchetto dei materiali che compongono i muri perimetrali, possiamo avere dal software i disegni alle varie scale di dettaglio. Più input forniamo al software più output potremo ricevere.
Ho provato tempo fa il software Autodesk Revit e penso che sia il futuro del disegno architettonico per questo semplice motivo, non possiamo permetterci di perdere tempo ridisegnando da capo e svariate volte parti del progetto. La strategia vincente sarà quella di pianificare le parti del progetto con le giuste variabili per rendere parametrico l'intero progetto e poterlo modificare con pochi click. Ogni software parametrico lo fa a suo modo con la propria interfaccia. Ad esempio Paracloud lavora interfacciandosi con un foglio di calcolo Excel e il software di modellazione Nurbs Rhinoceros. Il software Generative Components della Bentley lavora con una struttura a ramo in cui i nodi sono la chiave del progetto. Quando creiamo una nuova entità o una modifica nel progetto possiamo registrarla e ottenere una storia parametrica del processo progettuale, modificabile in qualsiasi momento.
Una volta finito il modello possiamo alterare ad esempio il primo nodo che detta le regole delle curve generatrici della forma e aspettare qualche secondo per vedere il software al lavoro che modifica interamente il progetto al posto nostro e risparmiandoci ore di lavoro. In campo architettonico avremo a mio parere nuove possibilità per quanto riguarda la risoluzione di problemi geometrici e spaziali. Sarà molto più semplice raggiungere dei risultati scomponendo e risolvendo i singoli sottosistemi del progetto e parametrizzando con delle regole i sottosistemi. Avremo nel progetto degli elementi fissi e altri variabili che saranno controllati dal software grazie alle regole che noi imposteremo. Investiremo il tempo impiegato per tutta la fase iniziale di parametrizzazione e scelta delle equazioni variabili per poi risparmiarlo in fasi più avanzate del progetto quali i disegni esecutivi e la realizzazione stessa del progetto.
Diversi studi di architettura utilizzano questo processo progettuale, ad esempio automatizzando parti della struttura come i giunti e i montanti. Non solo dettagli tecnologici e forma architettonica, l'architettura parametrica ha invaso da tempo anche i campi della progettazione urbanistica. All'Architectural Association di Londra il corso di master DRL ha da anni, come agenda, il titolo Parametric Urbanism. Un metodo di progettazione associativa è utilizzato per controllare le informazioni locali e dinamiche che derivano dall'analisi di uno spazio urbano e della società che lo governa per creare un sistema intelligente che regola forma, organizzazione e performance di spazi urbani, strutture e infrastrutture. Un esempio di associative design è il progetto del research studio synthetic vernacular, tenuto da Peter Trummer del Berlage Institute. I dati analizzati sono stati utilizzati per creare un set di regole che genera un sistema parametrico per un progetto di un'area urbana a Shanghai.
L'architettura parametrica quindi è metaprogettazione organizzata attraverso i software. Più aumenta la sofisticazione nell'utilizzo dei sistemi di disegno assistito più si riesce a processare l'idea/forma dell'oggetto architettonico. Quali sono i suoi limiti?
I software parametrici vengono utilizzati o in modo massivo all'interno di un progetto o solo per alcune parti, ma in entrambi i casi ci sono dei limiti. Quello più frustrante è la velocità di realizzazione dei disegni. Districarsi all'interno di questi tipi di software è molto difficile e bisogna spendere molte ore di esercizio per poter riuscire a disegnare qualcosa che con gli altri software riusciremmo a realizzare in pochi click. Il limite appunto è il tempo iniziale di apprendimento e di impostazione delle variabili durante il processo progettuale.
È però un tempo che investiamo perché sarà tutto quel tempo che con gli interessi risparmieremo quando dovranno essere apportate delle modifiche al progetto. Personalmente io utilizzo Rhinoceros perché trovo che sia il software che più si avvicina alla velocità del disegno a mano, strumento che per me risulta essere il più veloce e l'unico che accompagna l'intero processo progettuale. Utilizzo il software base correlato con alcune tools e qualche rhinoscript e con l'uscita del plugin Grasshopper anche i modelli in Rhino possono diventare parametrici.
Secondo me è fondamentale trovare il proprio set di software e tools per compiere il lavoro e seguirne gli aggiornamenti è la soluzione per poter risparmiare tempo.
La tua preparazione sembra ricalcare un percorso 'virtuoso': studi in un'università italiana non periferica, esperienza di formazione estera, specializzazione attraverso diversi e mirati master.
È questo il percorso attuale dello studente italiano nelle nostre università di architettura?
Ho studiato al Politecnico di Torino e fin da studente ho frequentato molti workshop in Italia e all'estero e ho fatto diversi concorsi internazionali con studi di architettura. Ho sempre cercato di fare tutto ciò che mi veniva proposto e non perdevo tempo a partire per fare qualche nuova esperienza. Quello che ho imparato in questi anni di università è che bisogna fare molta pratica e lavorare duro per ottenere dei risultati accettabili e più facciamo pratica e più accumuliamo esperienza, elemento fondamentale per fare l'architetto. Lo studente italiano medio ormai ha un rapporto molto smaliziato con il computer e ha sete di conoscenza. Molti di loro preferiscono documentarsi sui blog degli altri studenti che frequentano corsi all'estero piuttosto che comprare riviste o libri molto costosi.
La quantità di informazioni che abbiamo al giorno d'oggi è davvero immensa, il parametro fondamentale è l'accessibilità a queste informazioni. Tutti ormai abbiamo una connessione a internet per poter accedere alle informazioni e vedere cosa succede nel mondo. Chi ha la possibilità, viaggia e conosce la realtà che esiste all'estero, un esempio sono i programmi Erasmus e Socrates o i Visiting Student Programs. Con questo sistema molti studenti italiani vanno all'estero per fare nuove esperienze e capire come si progetta fuori dall' Italia. Ormai fioccano i workshop estivi e le summer school delle più prestigiose facoltà estere, ma anche in Italia ultimamente si sta muovendo qualcosa.
Grazie alla rete i campi della ricerca si estendono e vanno oltre le mura del laboratorio di progettazione. Durante il percorso della mia tesi ho avuto modo di conoscere e far conoscere la mia ricerca a diversi architetti; è così che ho conosciuto il mio correlatore di tesi. Il mio blog pian piano ha preso la strada del design computazionale, che è un po' quello che cercavo, cioè trovare il mio design e il mio metodo di progettare. Grazie al blog conosco varie persone che sono interessate a quello che pubblico e con loro nasce a volte un sistema di scambio di conoscenze molto interessante e spesso e volentieri riesco a conoscerli di persona.
Franco La Cecla nel suo pamphlet Contro l'architettura afferma: «Ma si sa, gli architetti non leggono, sfogliano». Quali sono i tuoi riferimenti?
È vero che gli architetti sfogliano e non hanno tempo per leggere, ma è anche vero che se vogliamo riusciamo a ritagliarci degli spazi per leggere durante la nostra giornata. Abbiamo la necessità di immagazzinare nella nostra memoria tante immagini diverse per crearci un nostro archivio formale e tecnologico, ma allo stesso tempo sentiamo la necessità di leggere e capire la complessità che sta dietro ad un progetto. Io leggo molto in treno ed, essendo un pendolare, lo faccio tutti giorni. Ultimamente leggo molti testi che scarico direttamente da internet, quando navigo e vedo qualcosa che mi interessa lo mando in stampa e lo metto in borsa. I miei riferimenti sono i blog che salvo nel mio aggregatore e che consulto periodicamente e ormai sono davvero tanti.
I blog principali che si occupano di design computazionale sono Data-Tribe, De Zeen, Design Reform, ctrl i, DigitAG& e The very many. Le archistar che seguo ora sono i MAD, Zaha Hadid, Mario Cucinella, Massimiliano Fuksas e i più giovani Emergent architecture, Modostudio e Aquilialberg. Il mio libro preferito è Toyo Ito. Istruzioni per l'uso a cura di Andrew Barrie, Rachaporn Choochuey e Stefano Mirti, un libro che consiglio di leggere a tutti i giovani architetti. Le riviste che leggo sono The Plan, A+U e Abitare.
25 settembre 2008
Intersezioni ---> MONDOBLOG
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Note:Si possono leggere altri commenti su MADEinCALIFORNIA On Wilfing
Pubblicato sulla presS/Tletter n. 26-2008
lavoro da anni con due architetti formati alla A.A. di Londra, questi mi hanno "passato" rhino e la forma mentis della progettazione parametrica......i nostri parametri variano durante le diverse fasi della progettazione e le dinamiche ambientali vengono inserite di base in ogni tipo di progetto....dal landscape ai restauri nei centri storici...
RispondiEliminaquello che dice davide lo riscontro e ne convengo, ma la nostra università non ci aveva preparato a ciò e gli studenti o i neolaureati che frequentano il nostro studio mostrano ancora una preparazione obsoleta.
ciccio minniti
Finalmente uno studente che non attraversa l'università per avere il famoso 'pezzo di carta', ma che in modo intelligente assorbe tutte le possibilità che gli vengono offerte. Sembra che nell'università di Torino ci siano buone offerte formative.
RispondiEliminaPer i conservatori, l'architettura parametrica non è una nuova chimera, ma semplicemente l'applicazione scientifica alle teorie architettoniche. Tradotto significa studio organico e non approssimativo.
Fortunato F.
x ciccio:
RispondiEliminasono molto felice di sapere che anche in Italia si diffonda pian piano il virus dell' A.A.
Anche io lavoro come te in uno studio di un architetto formatosi in quella scuola e ho altri amici che lavorano da altri architetti laureati alla Sci_arc. Sarebbe davvero un sogno riuscire a pensare di progettare come si fa all'estero. Il problema è che siamo un popolo troppo conservatore, abbiamo paura del nuovo. L'unica ricerca interessante che si fa in Italia è quella che riguarda l'architettura sostenibile.
Per quanto riguarda i giovani architetti secondo me si sta muovendo qualcosa e proprio i blog stanno diventando una sorta di tam tam per discutere e approfondire tematiche sull'architettura generativa.
ps.
in che studio lavori? sono molto curioso :)
x Fortunato F.:
Oggi sono stato alla final review di un workshop di 3 settimane al Politecnico di Torino nel quale gli studenti hanno progettato una stazione-ponte dei treni con il software generative components.
E' molto interessante vedere come gli studenti finalmente vadano oltre il render e incomincino a lavorare con il parametrico, i diagrammi e i modellini. Questo penso sia grazie alla creazione dei blog che risultano essere la nuova fonte per gli studenti, come se fossero una sorta di vetrina di progetti di ricerca.
Davide, a volte si apprende molto di più attraverso le "surfate" su internet che non all'università. Condivido, i blog sono sempre più importanti per stimolare la ricerca e non solo.
RispondiEliminaFortunato F.
a davide dico:
RispondiEliminalo studio si chiama AION e fra qualche giorno avremo finalmente il nostro sito del quela ti inviero' il link.
altra notizia annessa alla tua intervista e' che prima di essere architetto sono un surfista!!!!
a presto...ciccio
ciao Ciccio, grazie per la risposta...avevo già sentito lo studio AION, ora che me lo hai scritto ho rivisitato il sito.
RispondiEliminaFate degli ottimi lavori e aspetto l'upload con aggiornamenti.
Sei anche surfista... ottimo :)
bell' intervista... semplice ma con tanti spunti...
RispondiEliminatu stai raccogliendo molto col blog perche' non hai avuto paura a condividere le tue idee pubblicamente, senza la fobia del copyright, ma aiutando e creando un gruppo di persone con le stesse passioni, esempio da seguire secondo me...
...e poi devo dire che finalmente il politecnico di torino sta diventando un po' piu' aggiornato... ma questo anche grazie al gruppo che hai/avete creato e ai diversi workshop realizzati... finalmente c'e' una fresca brezza al valentino... e grazie al babbo Apo, che, testardo, e' sempre andato avanti con le innovazioni... anche quando aveva tutti contro... tuttora... :)
ciauuuuuuu
x truciolo:
RispondiEliminaHo apprezzato molto che tu abbia letto l'intervista.
Si è vero anche a Torino qualcosa si sta muovendo, i tempi sono maturi per creare qualcosa anche in Italia, ma quanta fatica e quante porte chiuse troviamo.
Persone come Apo sono state bloccate prima ancora di iniziare, a volte penso che qui non ci sia speranza di fare un certo tipo di architettura. Se guardiamo a quello che succede fuori dal nostro paese ci troviamo in netto svantaggio e indietro anni luce, come possiamo fare per recuperare questo gap? Sicuramente i blog riescono a colmare questo vuoto e diffondere informazioni sulla materia. Vedremo...
It's the best time to make some plans for the future and it's time
RispondiEliminato be happy. I have read this post and if I could I wish
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